Crisi Ucraina: una nuova rivoluzione?
Crisi Ucraina: mercoledì, il ministro dell’Economia Aivaras Abromavičius, ha inviato la sua lettera di dimissioni, seguita il giorno dopo da quella del suo vice, Yulia Kovalev e il resto della sua squadra. Il parlamento ora dovrà discutere se accettare o meno le dimissioni. Abromavičius, lituano di nascita, era uno del gruppo di funzionari stranieri riformisti, assunti dopo che il governo filo occidentale ha preso il potere nel 2014. Ministro popolare, non è mai stato toccato da accuse di corruzione, è uno dei pochi nel governo le cui credenziali non sono mai state offuscate.
“Né io né la mia squadra vogliamo coprire la corruzione, o diventare burattini di coloro che, in modo molto simile al vecchio governo, stanno cercando d’esercitare un controllo sul flusso dei fondi pubblici” si può trovare scritto nella sua lettera. In particolare, Abromavičius ha accusato il deputato Igor Kononenko, vice presidente del partito di Poroshenko, spesso descritto come il suo “cardinale grigio”, di tentare di porre dei suoi “compari” ai vertici di diverse società statali. “Questa è la famosa ultima goccia. Non voglio essere parte di questa nomina” ha insistito Abramovicious.
Crisi Ucraina: una nuova rivoluzione?
Kononenko ha definito le accuse di Abromavičius “un tentativo d’incolpare i deputati del nostro partito per i suoi fallimenti”. Dopo l’uscita di Abromavičius, per gli l’Occidentali diventa molto difficile ammettere che stanno cercando d’aiutare dei leader poco si misurano con gli standard d’integrità dell’«Ovest». Dieci ambasciatori sul suolo ucraino, tra cui quelli degli Stati Uniti, Canada, Germania, Francia, Italia, Inghilterra e Giappone, infatti, hanno manifestando ufficialmente la propria delusione. “È importante – si legge in una nota congiunta – che i leader ucraini mettano da parte le loro differenze parrocchiali, gli interessi costituiti che hanno ostacolato il progresso del paese per decenni e che premano per le riforme vitali”.
Chiaramente preoccupato della sua legittimità nazionale ed internazionale, Poroshenko ha scritto su Facebook d’aver incontrato il ministro e, promettendogli l’apertura di un’indagine penale, gli ha chiesto di rimanere. Questo però, non cambia le cose. L’Ucraina è scivolata nello stesso fango che minaccia d’inghiottire il suo vicino di casa, la Moldavia, dove una serie di governi apparentemente pro-europei si sono solo dimostrati corrotti e legati agli oligarchi. Ma se in Ucraina falliscono i tecnocrati come Abromavičius – pensa qualcuno – vuol dire che l’attuale presidente non è poi così diverso dal suo predecessore, dunque, avrebbe ragione Putin a presentarla come una nazione ribelle.
Per ora, i tecnocrati sperano in una rivincita senza spargimento di sangue. La prossima rivoluzione, ha scritto un deputato scontento della fazione parlamentare di Poroshenko, “non accadrà per le strade, ma nei corridoi del potere e sotto la cupola del parlamento. Questo scandalo dimostra che l’Ucraina ha ancora il grosso problema dell’influenza delle grandi imprese nel governo. A differenza di molti paesi in Europa, esiste una stretta connessione tra grandi imprese e governo, sono come gemelli siamesi”.
Gabrielis Bedris