Il caso Giulio Regeni spiegato in breve
Il caso di Giulio Regeni è ancora lungi dall’essere risolto. Le questioni da chiarire sono molte: chi ha rapito e poi torturato Giulio? Che cosa sapeva il giovane ricercatore italiano? Perché il corpo è stato lasciato sull’autostrada che collega Il Cairo ad Alessandria? Prima di rispondere a queste domande serve fare un passo indietro e ricostruire l’intera vicenda, passo dopo passo.
Il rapimento di Giulio Regeni
La sera del 25 gennaio, quinto anniversario della rivoluzione anti Mubarak, nel centro del Cairo blindato dalla polizia, scompare il ricercatore italiano Luca Regeni. Il giovane di 28 anni era diretto ad una festa di compleanno a cui però non è mai arrivato. Un giornale filogovernativo, Al Ahram, ha provato a depistare le indagini, affermando che il giovane in realtà aveva partecipato alla festa. Ciò però non è avvenuto. Segno, spiegano gli investigatori, che Giulio è stato ucciso da una squadra dei servizi di sicurezza locali.
A lanciare l’allarme è stato il suo amico Amr Assad, l’artista di 54 anni a cui Luca inviò il suo ultimo sms. Amr ha spiegato di aver ricevuto la telefonata di Giulio alle 19.45 “Sto uscendo”. Alle 19.51 esatte Amr ha provato a chiamare Giulio ma il telefono era staccato. E’ probabile che in quei sei minuti Giulio sia stato rapito e portato via. Sì ma da chi?
Le ipotesi sul rapimento
Malek Adly, giovane avvocato del Centro per i diritti economici e sociali, amico di Giulio, ha illustrato al Corriere della Sera tre possibili scenari diversi:
Il primo è che sia stato un atto di criminalità, ma non è possibile perché tra Dokki e Tahrir la notte della scomparsa, il 25 gennaio, c’erano migliaia di forze dell’ordine. Il secondo è che sia stato preso da un gruppo terroristico, ma la sua morte non segue le loro modalità di esecuzione né di rivendicazione. Il terzo è che sia stato rapito dalla sicurezza di Stato o da un’altra agenzia. Ci sono precedenti in questo senso con egiziani e stranieri.
Tamer Amin, presentatore tv, adombra un’altra ipotesi “C’è la possibilità che Giulio fosse shemel (in arabo significa “sinistro” ma anche omosessuale)” e che quindi sia stato oggetto di sevizie per il suo orientamento sessuale. Ma Giulio era etero, confermano gli amici. Ipotesi da scartare dunque.
Il luogo del ritrovamento
A confermare la tesi secondo cui Giulio Regeni sia stato rapito, torturato e infine ucciso da servizi di sicurezza locale, è anche il luogo dove è stato trovato il cadavere: un punto dell’autostrada che collega Il Cairo con Alessandria e che si trova vicino alla “Città 6 ottobre” sede di molti media. In quella zona è presente anche uno dei principali uffici della Amn el Dawla, la Sicurezza di Stato e anche uno dei principali campi della Sicurezza Centrale, chiamato Kilo 10.5, dove vengono portati molti prigionieri politici. Inoltre nel punto esatto dove è stato abbandonato il corpo martoriato del povero Giulio non c’è alcun fosso, nè tracce di pneumatici o vetri rotti o frenate. Inoltre il corpo era seminudo. Dove erano finiti gli altri vestiti? La pista dell’incidente d’auto va quindi esclusa. Dubbia rimane inoltre la telefonata di chi ha trovato il cadavere che affermava di aver notato il corpo “casualmente”. Improbabile visto che su quel tratto le auto sfrecciano veloci.
Quando è morto Giulio Regeni
Secondo l’autopsia disposta sul corpo, Giulio sarebbe morto 4 giorni dopo il rapimento. Il ritrovamento del cadavere è avvenuto solo il 3 febbraio. Cinque giorni dopo. Come mai così tardi? Secondo alcune ipotesi, il corpo di Giulio in un primo momento andava fatto sparire. Solo quando il presidente egiziano Al Sisi ha incontrato la ministra Federica Guidi e ha capito che si rischiava una crisi tra i due Paesi allora il cadavere è comparso. Altro elemento a favore della tesi del rapimento da parte dei servizi di sicurezza locali
Cosa succede ora?
Gli amici di Giulio sono stati contattati dalle autorità italiane ed invitati a lasciare il Paese. L’Egitto infatti non è un posto sicuro. I rapporti tra Italia ed Egitto, ottimi dal punto di svista commerciale, rischiano di raffreddarsi sul piano diplomatico. La squadra di investigatori inviata dal governo in Egitto proseguirà i controlli incrociati.