Assunzioni nelle imprese, la ripresa non è per tutti
Assunzioni nelle imprese, la ripresa non è per tutti
L’ISTAT ha certificato la debole ripresa dell’economia, dopo il +0,6% del 2015, quando ci sia aspettava per alcuni un +1%, nel 2016 forse arriveremo al +1%, anche se le previsioni del governo sono di un +1,4%.
Non è cosa nuova questa costante revisione al ribasso delle stime. E vale anche per il lavoro. Dopo un aumento degli occupati in seguito all’introduzione della decontribuzione per i nuovi assunti e del jobs act all’inizio del 2015 da aprile a dicembre l’occupazione invece è addirittura diminuita, principalmente per il calo di autonomi e 25-49enni al lavoro.
Questo vuol dire che la piccola ripresa che c’è stata non è stata per tutti, in quali imprese si è invece cominciato o continuato ad assumere?
Assunzioni delle imprese, male la manifattura, bene i servizi
Una prima differenza fondamentale è tra il settore manifatturiero e quello dei servizi, in particolare dei servizi alla persona. Inutile dire che il primo è quello che ha sofferto di più, visto che tra il 2015 e il 2015 le posizioni lavorative sono addirittura diminuite nel settore manifatturiero, anche se erano aumentate l’anno precedente.
Come vediamo di seguito vi sono state assunzione nel settore delle pelli, della riparazione e manutenzione di macchine, nella costruzione di macchinari in genere, nella farmaceutica.
Male la metallurgia, la raffinazione, la lavorazione del legno.
Del resto anche i recentissimi dati su un timidissimo aumento della produzione industriale solo del 0,2% indicano quanto questo settore vada strutturalmente peggio del resto dell’economia.
Paghiamo una digitalizzazione della vita che rende meno necessari banalmente gli oggetti, ma soprattutto il non aver intercettato i trend del momento, la produzione dei beni in maggiore crescita e con produttività maggiore.
Meglio in generale i servizi, dove in alcuni segmenti vi sono stati progressi anche del 5% sia nel 2015 che 2014. Parliamo della consulenza informatica, della consulenza aziendale, della ricerca e sviluppo, della vigilanza e investigazione.
In generale i dati sono positivi, ma per la produzione cinematografica, il trasporto aereo, le telecomunicazioni, le statistiche sono negative.
Tuttavia si tratta del settore che più trascina l’occupazione, e non solo in Italia. Piuttosto un discorso a parte andrebbe fatto sulle condizioni lavorative, sugli stipendi, in calo, sulle condizioni contrattuali, soprattutto per i più giovani, nei servizi, ma è già un’altra storia
In particolare è il mondo, in crescita, dei servizi alla persona quello che appare essere il futuro dell’occupazione, ovvero tutte quelle mansioni che rimarranno necessariamente appannaggio degli esseri umani anche con l’avanzata della sostituzione tecnologica dei lavoratori e della digitalizzazione.
Così tutti i segmenti risultano in crescita, in particolare nel 2015 le attività creative e legate ai musei, quello dell’istruzione, di più del 6%, il mondo dell’assistenza sociale residenziale e non, quindi le assunzioni di infermiere e personale OSS nelle RSA
Assunzioni nelle imprese, piccolo non è bello, assumono di più le aziende medio-grandi
Le differenze non sono solo per settore, però. L’Italia è il Paese che più si caratterizza per la presenza di aziende piccole e micro, che tra l’altro sono quelle che più hanno sofferto la crisi, e che tuttavia rimangono la spina dorsale del modello produttivo.
E questa preponderanza si fa sentire, perchè è di fatto un freno alla crescita dell’occupazione.
Come vediamo di seguito è calcolata la probabilità di nuove assunzioni per numero di dipendenti, e per livello di produttività. Se le differenze in base alla maggiore produttività appaiono ovvie, meno forse sono quelle in base al numero di addetti: e allora osserviamo come sia solo del 27,5% la probabilità che si assuma in una azienda micro con 0-2 dipendenti e del 60% in una media con 50-150.
Vi è uno stabile aumento man mano che sale il numero di addetti.
Di fatto nelle aziende medie e grandi si assume il doppio che nelle attività micro.
Ha importanza, oltre al numero, anche la possibilità che un’azienda sia esportatrice o meno. Un’azienda sopra i 150 dipendenti ma che non esporta assume meno di una di 5-10 addetti che però è proiettata sui mercati esteri.
Del resto sappiamo bene come nel 2010-2014 è stato quasi solo l’export l’unica voce positiva nel nostro PIL
Vi sono interessanti differenze anche in base all’età dell’azienda.
E qui le cose cambiano in base al numero dei dipendenti, perchè più l’azienda è piccola, più la sua età conta.
In effetti le imprese con meno probabilità di nuove assunzioni sono quelle micro e anziane. Di fatto se in 10 anni hanno assunto così poche persone è poco probabile lo facciano ora, mentre ci sono molte più speranze per e start up.
Questa differenza si annulla con l’aumentare delle dimensioni, e anzi in quelle più grandi sono le più anziane quelle che assumono di più.
In ogni caso, forse al contrario di quanto molti possono pensare, una azienda media e vecchia ha comunque molte più possibilità di assumere personale di una piccola start up appena nata.
Questi dati dovrebbero essere molto utili a chi deve prendere decisioni, in particolare in termini di incentivi ed investimenti pubblici.
Il futuro è nei servizi, soprattutto quelli che riguardano l’informatica, la tecnologia, e la persona, e le aziende che esportano e che sanno crescere in numero di addetti. Tutte caratteristiche queste, che non descrivono purtroppo la classica impresa italiana.