Sondaggi politici: guerra in Libia, cresce il “sì” all’intervento
Sondaggi politici: cresce il “sì” all’intervento in Libia
Gli italiani sono sempre più favorevoli ad un intervento militare in Libia. A dirlo è un’analisi effettuata da “Voices from the blogs” per il quotidiano La Stampa. Dalla rilevazione – che, come spiegato dallo stesso quotidiano, è più un ascolto delle opinioni sul web che un vero e proprio sondaggio – emerge infatti il fisiologico l’aumento della fetta di italiani “interventisti” in concomitanza con la crisi degli ostaggi italiani nel Paese nordafricano.
Meno di uno su 3. Era questa la percentuale di italiani favorevole ad un intervento in Libia nel febbraio 2015, ovvero un anno fa. Un dato che però era già sensibilmente più alto nelle prime settimane del 2016, con percentuali vicine al 40%. Il picco della crisi legata agli ostaggi ha repentinamente irrobustito le fila degli “interventisti”, con percentuali che hanno raggiunto il 45%.
Pur restando maggioritario, il fronte pacifista ha perso quasi 15 punti in un anno, passando dal 69% del febbraio 2015 al 54.8% registrato negli ultimi giorni.
Ma perché l’Italia deve intervenire? Per un italiano su 2 la priorità è la lotta allo Stato Islamico (ISIS), considerato una minaccia da sconfiggere. Poco più di un italiano su 4 invece ritiene prioritaria la difesa dei nostri interessi nazionali in Libia, mentre ancor meno impellente sembra – in merito all’intervento – la necessità di risolvere l’emergenza migratoria o di far fronte alle inefficienze di una strategia esclusivamente diplomatica.
Tra i “pacifisti”, invece, a farla da padrone (per il 30%) è l’idea di non considerare la guerra come la soluzione al problema. Più basse invece le percentuali di coloro che puntano sull’attendismo o su azioni di stampo prettamente diplomatico. Per meno di un italiano su 10 invece la motivazione principale del rifiuto di intervenire è legata alla Costituzione Italiana, la quale all’articolo 11 ricorda che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.