Della parità di genere: i numeri e il senso dell’8 marzo in Italia

Pubblicato il 8 Marzo 2016 alle 14:06 Autore: Riccardo Piazza
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Che l’otto marzo non debba ogni volta trasformarsi in una melanconica scusa per ricordarsi ipocritamente, salvo poi dimenticar ogni cosa per tutto il resto dell’anno, di una stantia litania sterile di qualsivoglia azione concreta circa le disparità di genere ed il loro sacrosanto bilanciamento sociale, si ritiene possa essere una norma di buon senso. Probabilmente all’Italia odierna manca davvero un senso del buono ed anche un senso del bello. Rivendicando qualcosa di cui non conosciamo l’origine storica , ma soltanto il retaggio mondano attuale, pecchiamo d’ingenuità epistemica.
In virtù di questa preziosa memoria che radica nel tempo la policromatica rincorsa dell’emancipazione femminile all’interno dei quadri produttivi del nostro Paese, probabilmente, uno dei sensi possibili per poter effettuare una analisi di contesto che esuli dalla retorica o dalla partigianeria più elegiaca, è quello di servirsi dei numeri, delle serie storiche: insomma, sfruttare un po’ di quella che in economia si definisce “Cliometria”.

Genere e salario: le donne percepiscono in media, rispetto agli uomini, una paga inferiore del 10,9 %

Secondo uno studio condotto dall’Osservatorio JobPricing, in Italia, le donne ricevono ancora una retribuzione annuale lorda (Ral) inferiore rispetto a quella dei loro colleghi uomini. Tale differenza è calcolata sul portato di quasi undici punti percentuali. Nell’arco di quattro annualità, dal 2012 al 2015, si è osservato un aumento delle quote dedicate al genere femminile all’interno dei più importanti comparti produttivi del sistema Paese. I flussi statistici mostrano infatti un cambiamento sensibile, dall’ 11,6 per cento al 27,6 per cento. Eppure a tale incremento non si è accompagnato un relativo bilanciamento dei salari ricevuti.

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Genere e famiglia: non soltanto una questione di soldi

I vincoli culturali e morali, tradizioni socio-economiche profonde figlie di una società ostinatamente legata ad una certa interpretazione produttivo-paternalistica del mercato del lavoro, risultano ancora oggi imbrigliati in maglie strette, difficili da dipanare. Sembra proprio che alla ricerca dell’affrancamento esistenziale faccia ancora da contraltare una ritrosia profonda e di concetto circa la peculiarità vera e propria dell’essere donna e dell’essere uomo. Sul fronte dei diritti di genere e delle prassi familiari, ad esempio, questo è lapalissiano: i numeri mostrano abbastanza chiaramente come la questione centrale dello squilibrio uomo-donna, non sia soltanto squisitamente pecuniaria. Il 71% degli italiani ritiene che gli uomini siano meno competenti delle donne nello svolgimento dei lavori domestici e dei compiti organizzativi. Il 43 per cento crede inoltre che un padre debba anteporre la cura della propria carriera lavorativa a quella dei figli piccoli.

Il genere femminile in una prospettiva storico-linguistica: informare è capire

Osservando a volo d’angelo lo sconfinato panorama evolutivo della società italiana, le sue contraddizioni e le sue problematiche ancora sedimentate in solide illusioni collettive, il mondo del lavoro, insieme alla conquista dei diritti civili, politici e di suffragio in cui il gentil sesso settanta anni fa prese per la prima volta davvero in mano lo scettro del suo impegno istituzionale, rappresenta ancora oggi per le donne il proscenio più bello sul quale dimostrare i propri indubbi valori. L’informazione, uno dei pilastri della nostra Carta Costituzionale, conta sul contributo di una solida presenza muliebre: più del 40 per cento dei giornalisti attivi in Italia nel 2014 è risultato appartenere al genere femminile. Sussistono tuttavia dei dislivelli di carriera all’interno delle diverse strutture di produzione.

Una importante tematica collettiva cui i dati della comunicazione ci mettono di fronte è quella del linguaggio utilizzato e degli stereotipi di uso invalso. Anche dal superamento dei cliché della dialettica dell’informazione passa una evoluzione di genere equanime, oggi, 8 marzo, come durante tutto il resto dell’anno.

Riccardo Piazza

L'autore: Riccardo Piazza

Nasce a Palermo nel 1987 e si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione presso l’Università del capoluogo siciliano nel 2010. Prosegue i suoi studi specialistici in Scienze filosofiche all’Università di Milano dove consegue il Diploma di laurea Magistrale nel 2013. Scrive per alcune riviste telematiche di letteratura e collabora, quale giornalista, per diverse testate d’informazione occupandosi di cronaca parlamentare, costume e società. Si dedica attivamente allo studio dell'economia e del pensiero politico contemporaneo ed è docente di storia e filosofia. Gestisce un blog: http://www.lindividuo.wordpress.com Su twitter è @Riccardo_Piazza
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