Rifugiati Ue: un accordo contorto
Rifugiati Ue: a Bruxelles, dopo settimane buie e piovose, è bastata una giornata di sole per mutare l’umore che poi si è andato accomunando pericolosamente all’euforia. L’accordo raggiunto dopo otto ore di colloqui, ha fatto sperare che l’Ue avesse trovato un piano praticabile per affrontare l’emergenza umana che si dispiega intorno alle sue coste. Angela Merkel forse aveva fatto un altro miracolo. Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha solo sospirato: “è un cambio di gioco”.
Nel vertice, i leader europei e il primo ministro turco, Ahmet Davutoglu, hanno concordato che tutti i “migranti irregolari” siriani, che arrivano sul territorio greco dalla Turchia saranno restituiti, e, per ogni persona tornata in Turchia, verrà reinsediato in Ue un rifugiato siriano che verrà riconosciuto come tale da Ankara. In cambio, l’Europa ha promesso: denaro; il reinsediamento di molti rifugiati che oggi sono in Turchia; l’esenzione del visto per i turchi; e una ripresa dei negoziati per l’adesione turca all’Unione europea.
Ogni elemento della disposizione è politicamente, legalmente e moralmente problematico, anche se i principi dell’affare sono solidi: controllo della caotica migrazione di massa pur conservando un generoso sistema di asilo europeo; arruolamento della Turchia come un “prenditore”, legandola più strettamente all’Europa; chiusura all’afflusso incontrollato di immigrati che ha alimentato il populismo e ha minato l’integrazione europea; apertura di una cooperazione tra l’Europa e Ankara.
Rifugiati Ue: un accordo contorto
Secondo Human Rights Watch, la Turchia non fornisce una protezione adeguata ai rifugiati e ha spesso rimandato i richiedenti asilo in Siria. Ankara, anche se ha ratificato la Convenzione sui rifugiati del 1951, rappresenta l’unico paese al mondo che riconosce lo status di rifugiato solo per i cittadini di alcuni paesi, e i siriani, nel complesso dei rifugiati, possono vantare tale status. I leader europei temono che le critiche dell’Ue contro l’autoritarismo turco possano mettere a repentaglio l’affare, anche se i gruppi di difesa dei rifugiati, come ad esempio l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite e Amnesty International, stanno biasimando la legalità dell’operato del paese.
Nulla, nella legge turca, vieta ai funzionari di collocare coloro che sono fuggiti da altre zone di conflitto – come Iraq e Afghanistan – in campi di detenzione o anche deportarli del tutto. Ma, il disperato bisogno europeo dell’assistenza turca ha posto il Paese in una posizione privilegiata per la negoziazione.
Nel frattempo i paesi dell’Europa orientale, dopo che la Macedonia ha annunciato che stava chiudendo “completamente il confine ai migranti illegali”, sono ora in stato di allerta per tutte le nuove rotte di migrazione che si aprono. La decisione è arrivata dopo che la Slovenia ha impedito l’accesso ai migranti in transito nel suo paese e che la Serbia e la Croazia hanno confermato che ne avrebbero seguito l’esempio.
L’Ungheria ha reso noto che sta aumentando la sicurezza sul suo confine con la Romania. I leader dell’Unione Europea sono sotto una notevole pressione per gestire la più grande crisi d’immigrazione europea dalla fine della seconda guerra mondiale. Dopo più di un milione di persone che sono arrivate via mare l’anno scorso, circa 2.000 persone sono in arrivo in Grecia dalla Turchia ogni giorno.
La Grecia è sempre la parte peggiore della transazione. Decine di migliaia di migranti sono bloccati dal mese scorso, al confine settentrionale con la Macedonia, anche se l’Ue ha promesso di fornire aiuti finanziari per sostenere questi migranti, l’onere, per uno dei paesi più poveri dell’Ue, sarà ancora difficile da gestire.
Ma, molti funzionari europei, tuttavia, devono affrontare l’elettorato dei loro paesi d’origine sempre più insoddisfatto della situazione dei migranti. Più in particolare, il cancelliere tedesco Angela Merkel che, la prossima domenica dovrà sfidare le elezioni regionali. Lei, tra gli altri, è ansiosa di riscontrare per allora una soluzione almeno apparente.