Referendum trivelle, tutto quello che c’è da sapere
Referendum trivelle, tutto quello che c’è da sapere
Domenica 17 aprile gli italiani saranno chiamati alle urne in occasione del referendum abrogativo sulle trivellazioni in mare. Nonostante il referendum riguardi 51 milioni di elettori (4 di essi residenti all’estero), la campagna di informazione è iniziata con ampio ritardo, soprattutto se si pensa che per il referendum di ottobre sulle riforme costituzionali sono già stati commissionati diversi sondaggi. Ma adesso, a circa un mese dal voto, la campagna referendaria sulle trivelle è entrata nel vivo portandosi dietro le prima inevitabili polemiche politiche.
Referendum trivelle: Quando si vota
Gli aventi diritto potranno recarsi ai seggi dalle 7 alle 23 di domenica 17 aprile. La prima polemica tra promotori e organizzatori è sorta proprio sul giorno della consultazione. I “no triv” avevano chiesto a più riprese – anche al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – di poter accorpare il referendum con le amministrative di giugno che riguarderanno 1342 comuni in tutta Italia. Greenpeace aveva raccolto anche 68mila firme per sostenere le ragioni dell’election day ma il niet del governo è arrivato per voce del Ministro dell’Interno Angelino Alfano che in un’interrogazione parlamentare del 3 febbraio scorso ha così motivato la scelta di non accorpare le due consultazioni: “difficoltà di natura tecnica e non superabili in via amministrativa”. Secondo i promotori del referendum un election day unico avrebbe permesso al governo di risparmiare tra i 300 e i 400 milioni di euro. Ma alla fine si è deciso di separare le due consultazioni.
Referendum trivelle: Dove si vota
Nonostante il referendum non sia di iniziativa popolare ma promosso da 9 regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto) si voterà su tutto il territorio nazionale.
Referendum trivelle: Chi vota
Tutti i cittadini italiani maggiorenni. I 4 milioni di connazionali residenti all’estero potranno votare per corrispondenza.
Referendum trivelle: Il quesito
Il referendum abrogativo è previsto dall’articolo 75 (1° comma) della Costituzione: “È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali”. Perché la consultazione porti all’abrogazione di una norma deve aver partecipato al voto la metà più uno degli aventi diritto. La richiesta referendaria era stata presentata dalle 9 regioni che si affacciano sul Mar Adriatico ed è stata giudicata ammissibile prima dall’Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione (7 gennaio 2016) e poi dalla Corte Costituzionale (19 gennaio 2016). Gli italiani saranno chiamati a votare “sì” o “no” al seguente quesito:
Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?
Tradotto dal burocratese. L’articolo 6 (comma 17) del decreto legislativo del 2006 introduceva il divieto di “attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare” delle trivelle entro 12 miglia dalla costa. Con la legge di stabilità 2016 il governo ha modificato quella norma con un’aggiunta: le società petrolifere non potranno più ottenere nuove concessioni entro 12 miglia dalla costa ma quelle già in essere avranno scadenza “sine die”, ovvero “per la durata di vita utile del giacimento”.
Il referendum quindi chiede che venga abrogata la parte sulla scadenza non certa delle concessioni. Se vincessero i “sì”, a scadenza delle concessioni, esse non sarebbero più rinnovate. Se vincessero i “no” o se non si raggiungesse il “quorum strutturale” (50%+1 dei votanti), le concessioni sarebbero prorogate fino alla fine naturale del giacimento.
Referendum trivelle, I Comitati “no triv”
Sono tantissime le associazioni nazionali che hanno aderito al comitato “Vota SI, per fermare le trivelle”: da Adusbef a Greenpeace, dalla Fiom a Legambiente, passando per Libera, Slow Food e WWF. Nell’appello pubblicato sul proprio sito (www.fermaletrivelle.it) i “no triv” invitano i cittadini a votare “sì” perché “vogliamo che il nostro Paese prenda con decisione la strada che ci porterà fuori dalle vecchie fonti fossili, innovi il nostro sistema produttivo, combatta con coerenza l’inquinamento e la febbre del Pianeta”. L’attacco del comitato è tutto rivolto alle lobby del petrolio, “vecchia energia fossile causa di inquinamento, dipendenza economica e conflitti”. “Per pochi barili di petrolio – si legge nell’appello – non vale certo la pena mettere a rischio il nostro ambiente marino e terrestre ed economie importanti come la pesca e il turismo, vere ricchezze del nostro Paese. Intanto, mancano strategia e scelte concrete per realizzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati dalla COP21 nel vertice di Parigi per combattere i cambiamenti climatici, in cui si è sancita la volontà di limitare l’aumento del riscaldamento globale a 1,5°C”. Ma, oltre alle disquisizioni su petrolio e fonti fossili, l’obiettivo del comitato è soprattutto un altro: “far esprimere gli italiani sulle scelte energetiche strategiche che deve compiere il nostro Paese, in ogni settore economico e sociale per un’economia più giusta, rinnovabile e decarbonizzata”.
Enzo Boschi. Voto sì il 17 aprile perché è giunto il momento di immaginare il futuro che vogliamo | LifeGate https://t.co/MbWuCtM1wj
— Enzo Boschi (@enzo_boschi) 21 marzo 2016
I contrari al referendum, gli “Ottimisti e razionali”
Non sono proprio i promotori del “no”, sono proprio contro il referendum del 17 aprile. “Ottimisti e razionali” è guidato da Gianfranco Borghini, ex deputato Pci e Pds, nuclearista convinto. Molti anche i sostenitori del “no”: dall’editorialista del Foglio Stefano Cingolani a Umberto Minopoli (Associazione Nucleare Italiana), dal Presidente di Assoelettrica Chicco Testa alla ex deputata dei Verdi Rosa Filippini. Il comitato invita gli italiani a non andare a votare per due ragioni – si legge nell’appello – “perché è un referendum ingannevole e perché è dannoso”. Il referendum è “ingannevole” perché “non ha senso fare spendere al paese 400 milioni di euro per dire ‘No’ a qualcosa cui il Parlamento ha già detto ‘No’”, ovvero approvare nuove trivellazioni entro le 12 miglia. Ed è “dannoso” perché porterebbe al “blocco” di “piattaforme che già esistono e che da anni riforniscono, in tutta sicurezza e senza danneggiare nessuno, una parte significativa del gas che serve al paese”. L’estrazione di gas è “sicura” e “non danneggia l’ambiente” assicurano gli Ottimisti e Razionali e soprattutto “questa attività non costa nulla ai contribuenti ma dà molto al paese: 800 milioni di tasse, 400 di royaties e canoni, 300 di investimenti in ricerca. Dà lavoro diretto a più di 10.000 persone e concorre col settore a dare lavoro a più di 100 mila persone. Perché dovremmo disperdere questa ricchezza tanto più se non crea nessun danno a nessuno?”.
Referendum trivelle, la polemica politica
La campagna elettorale è entrata nel vivo dopo la dichiarazione congiunta dei due vice-segretari del Partito Democratico, Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, che a un mese dalla consultazione hanno definito “inutile” il referendum schierandosi per l’astensione. E giù botte dalla minoranza dem, 5 stelle e Lega Nord (schierata per il sì). La polemica ha assunto toni ancora più duri quando il Fatto Quotidiano ha riportato sabato scorso un post risalente al gennaio 2012 in cui Serracchiani (allora europarlamentare Pd) riferiva di aver partecipato ad una manifestazione contro le trivelle nell’Adriatico.
Oggi a Monopoli ho partecipato alla manifestazione per la difesa del mare Adriatico dai rischi delle trivellazioni petrolifere.
Pubblicato da Debora Serracchiani su Sabato 21 gennaio 2012
Ieri anche il Presidente del Consiglio Matteo Renzi è intervenuto sul diritto di “far fallire un referendum” come fecero già i Ds di Fassino nella consultazione del 2003 sull’articolo 18 voluta da Fiom e Rifondazione. In quell’occasione il quorum non fu raggiunto. Poi Renzi è passato al merito della questione referendaria: “non è un referendum sulle nuove trivelle, che hanno già la linea più dura d’Europa. E’ un referendum – del tutto legittimo – per bloccare impianti che funzionano. Io lo considero uno spreco”. “Ciascuno quando voterà sì o no pensi se sia giusto che 10mila persone perdano il posto” ha concluso il premier. Sul quesito referendario hanno preso posizione anche i vescovi che, pur ammettendo di non aver dato un’indicazione precisa di voto, hanno sottolineato l’importanza di “informare e coinvolgere la gente” sulla questione-trivelle per “favorirne una soluzione appropriata alla luce dell’Enciclica Laudato si’ di papa Francesco”.
Giacomo Salvini
Twitter @salvini_giacomo