Panama Papers: ecco di cosa si tratta
Panama Papers: di cosa si tratta?
La più grossa banca dati mai resa pubblica riguardante la creazione illecita di società di comodo in uno dei più blasonati paradisi fiscali del pianeta: benvenuti a Panama. La documentazione contenuta nel dossier Panama Papers, entrata in possesso dei giornalisti dell’Icij (International consortium of investigative journalists) e pubblicata sul Web seguendo la tecnologia partecipata dell’Open Data, consta di ben 11,5 milioni di archivi sensibili contenenti riferimenti ad enormi movimenti di capitale occultati tramite lo specchietto per le allodole della gestione offshore.
Le autorità fiscali internazionali dei diversi Paesi coinvolti nell’enorme e oscura voragine della malversazione finanziaria, stanno coordinando le diverse tipologie d’accertamento, che promettono una evoluzione sicura degli scenari nelle prossime ore. Alcune piste seguite conducono alle vie insanguinate del riciclaggio delle ragguardevoli cifre pecuniarie nascoste. Tra le provenienze ipotizzate, anche quella del traffico di droga.
I nomi tirati in ballo dalle carte hanno mastodontica rilevanza negli equilibri della politica internazionale, nella gestione del credito e nel mondo dell’intrattenimento di massa: dalla ristretta enclave esecutiva del presidente russo Vladimir Putin fino al padre del primo ministro britannico David Cameron, dalle cordate del credito Hsbc ed Ubs fino al mito del calcio Lionel Messi.
Nella lista non mancano le personalità italiane. Dal possesso pieno del capitale azionario fino alle semplici partecipazioni degli utili, troviamo Luca di Montezemolo, tramite l’emanazione corporativa Leadville Overseas, i gruppi Unicredit e Ubi, Giuseppe Donaldo Nicosia, Marcello Dell’Utri e perfino l’ex pilota di Formula Uno Jarno Trulli.
Panama Papers: l’ingranaggio del profitto
I numeri sono da capogiro e non danno adito a fraintendimenti: oltre 200 mila generatori di credito e fondi d’investimento creati ad hoc con sedi nelle più disparate località del mondo. Secondo l’Espresso la cronologia delle presunte operazioni illecite rese pubbliche copre un arco temporale che va dal 1977 al 2015. Come ha potuto funzionare un così ben oliato “ingranaggio del profitto” fino ad oggi? Tutto parte da Panama City, precisamente dallo Studio legale Mossack Fonseca.
Nel 1977 Jürgen Mossack, immigrato tedesco a Panama figlio di una ex SS hitleriana fonda con Ramon Fonseca, rinomato romanziere e negli ultimi anni consigliere del presidente del piccolo Stato dell’America centrale, la società di intermediazione legale Mossack Fonseca. Stando ai dati raccolti ed oggi resi pubblici, lo studio panamense avrebbe convertito e nascosto al fisco le ingenti somme di denaro traslate dall’estero in molteplici scatole cinesi: corporazioni offshore. Inoltre, avrebbe fornito comoda domiciliazione fiscale e sistematicamente celato i nomi riconducibili alle proprietà degli ingenti fondi finanziari. Nell’attesa che le autorità svolgano adesso gli accertamenti del caso, l’evidenza dei Panama Papers, fornisce inequivocabilmente una sconcertante vicinanza dei poteri politici ed economici mondiali ad una gestione opaca dei capitali.
Panama Papers: nomi e numeri
I nomi italiani che ricorrono con diversa gradazione d’ambiguità nel dossier Panama Papers e nelle carte degli accertamenti fiscali internazionali sono circa 800. Di questi, alcuni sono riconducibili a veri e propri clienti dello studio Mossack Fonseca tramite la gestione di società garanti di stanza a Panama o in altre località con regime d’imposta favorevole, altri fanno parte di capitali azionari profondi e sono titolari di azioni e stock option di diversa natura ed entità. Sono inoltre 150 i leader politici, i capi di Stato ed i funzionari pubblici interessati dagli atti.
L’immensa indagine finanziaria globale ha coinvolto un gruppo organico di stampa di ben 300 giornalisti per una analisi costata un anno di lavoro e ricerca. L’inchiesta ha portato alla luce 14.153 intermediari finanziari clienti del gruppo Mossack Fonseca, per una mole complessiva di 2,6 Terabyte di dati raccolti.
Riccardo Piazza