Elezioni Usa 2016, Sanders arriva in Vaticano per il “miracolo”
Elezioni Usa 2016, Sanders arriva in Vaticano per il “miracolo”
Con il colpaccio nei caucus di sabato scorso in Wyoming, dove ha ottenuto il 56% dei voti, Bernie Sanders ha messo a segno il settimo risultato utile consecutivo. Malgrado sia numericamente irrilevante (il Wyoming è il meno popoloso tra i cinquanta Stati americani e la conta dei delegati con la Clinton è finita appena 7-6), l’ennesima sorprendente vittoria di Sanders potrebbe rivelarsi utile per tirare la volata finale, in vista delle primarie di martedì prossimo nello Stato di New York.
Democratici, Sanders vuole allungare l’onda verde
A New York i sondaggi danno saldamente in testa Hillary Clinton, che gode del vantaggio di essere stata per la locale rappresentante in Senato per due mandati nonché dell’appoggio dei locali pezzi da novanta del partito, dal governatore Andrew Cuomo a Bill de Blasio, sindaco della Grande Mela le cui posizioni liberal, però, avrebbero dovuto avvicinare – almeno teoricamente – a Bernie Sanders. Ma proprio quest’ultimo, galvanizzato dall’ “onda verde” delle ultime vittorie, ha preparato in questi giorni un colpo da maestro, finalizzato soprattutto a una strategia elettorale.
Nella giornata di venerdì 15, infatti, Sanders giungerà in Vaticano, presso la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, per intervenire al convegno “La Centesimus Annus 25 anni dopo”. Si tratta di un seminario nel corso del quale si discuterà di modelli di sviluppo economico e sociale, tenendo presente la nota enciclica di Giovanni Paolo II – la Centesimus Annus, appunto – che nel 1991 veniva data alle stampe. Tra i vari relatori ci sarà appunto anche il 74enne senatore del Vermont, malgrado la sua presenza non fosse stata inizialmente prevista. Fonti vaticane hanno infatti precisato che dal suo staff avrebbero insistito ripetutamente per partecipare. Ciò, pertanto, andrebbe a smentire in parte l’ipotetico “flirt” fra Sanders e papa Francesco in nome di un rinnovato asse del progressismo mondiale.
In tutti i casi, a prescindere dalle questioni di etichetta, quella di Sanders (che, non dimentichiamolo, è ebreo) appare una mossa politica studiata con grande intelligenza. Intanto potrà conferire un’adeguata rilevanza mediatica alla visita in Vaticano, verso il quale volerà subito dopo il dibattito televisivo di giovedì sera.
Ma, in una logica più a medio-lungo termine, questa toccata e fuga in quel di Roma potrebbe aiutare anche a far breccia tra l’elettorato cattolico, bianco e di origine europea abbastanza diffuso nelle prossime regioni chiamate al voto, a partire proprio da una New York che ha cominciato a conoscere e ad apprezzare questo bizzarro socialista che aspira a diventare l’uomo più potente del pianeta .
Dal canto suo, comunque, la Clinton appare tranquilla, confortata dai calcoli probabilistici che vedono praticamente ai minimi il rischio di perdere la nomination e dal fatto che i 572 delegati di New York saranno eletti attraverso il metodo delle primarie chiuse, dal quale la ex first lady ha tratto finora sempre esiti a lei favorevoli.
Repubblicani, Trump alla conquista di New York
Ad essere in allarme invece è Donald Trump. Quello che fino al mese scorso veniva considerato quasi con certezza lo sfidante repubblicano per la Casa Bianca, oggi appare in difficoltà. Uscite infelici e imbarazzi interni al suo staff stanno condizionando piuttosto negativamente la vicenda elettorale del miliardario, contro la quale (quasi) l’intero partito si sta progressivamente ricompattando.
Per Trump, però, potrebbero arrivare presto buone notizie. La prossima settimana, nello Stato di New York, anche gli elettori repubblicani saranno chiamati al voto. E nella sua roccaforte, Trump sembra detenere un vantaggio non solo irrecuperabile per Cruz e Kasich, ma anche in grado di attribuirgli quasi la totalità dei 95 delegati in palio.
Un successo di larghe proporzioni permetterebbe al tycoon di allungare il passo su Ted Cruz, che in questa settimana ha accorciato ulteriormente le distanze anche grazie alla vittoria in Colorado. Poiché la fatidica soglia dei 1237 delegati appare molto lontana, l’obiettivo di Trump è adesso quello di avvicinarsi il più possibile alla maggioranza assoluta, in modo da legittimare la sua candidatura come la più forte e sbarrando quindi la strada ad ogni altra ipotesi.
Con la sua solita verve provocatoria, il miliardario newyorkese ha messo sotto accusa l’establishment del partito gridando al complotto a causa di una presunta “appropriazione indebita” dei delegati del Colorado a favore di Cruz attraverso un sistema truffaldino di assegnazione dei seggi. Un nervosismo palpabile quello di Trump, che sta cercando in tutti i modi di raddrizzare candidatura che va lentamente sgonfiandosi rispetto agli entusiasmi iniziali. Una candidatura che stenta a spingersi oltre una certa soglia, finora mantenuta in vita soltanto beneficiando delle divisioni fra gli avversari, ma che potrebbe rinvigorirsi già a partire da martedì prossimo. ”A New York si ha l’impressione che le cose avvengano più velocemente che altrove”, scriveva il noto giallista Lawrence Block. E a Trump tocca sperare che sia così, se intende dare una rapida sferzata a una campagna elettorale che mostra ormai evidenti segnali di logoramento.