Birmania: tutti gli enigmi del nuovo Myanmar
Parlare di democrazia dai caratteri forti e strutturati per la nuova Birmania di Aung San Suu Kyi è, ad oggi, probabilmente ancora un azzardo. Tuttavia il processo politico e sociale messo in moto dalle recenti storiche elezioni, le prime a riportare alla carica di presidente del Paese un civile liberamente scelto dopo oltre cinquant’anni di oligarchia militare, ha certamente gettato le basi e le premesse per un potenziale sviluppo di un ordinamento dalle tinte più liberal-democratiche, anche per ciò che concerne la bilancia commerciale dello Stato e la sua economia.
Birmania: la transizione politica
Il nuovo presidente eletto Htin Kyaw è un fedelissimo della Suu Kyi e vanta una lunga tradizione di militanza e di attivismo politico, nonché una laurea ad Oxford. Egli è inoltre parte integrante del partito vincitore delle ultime consultazioni, il National League for Democracy (NLD). Kyaw è stato eletto con la maggioranza dei voti, 360 su 652 disponibili, dalle due Camere del Parlamento. Il premio Nobel Suu Kyi, cui per un articolo della Costituzione redatta secondo i dettami della giunta militare è stato impedito di concorrere al ruolo di presidente del Paese perché madre di figli con passaporto straniero, ha ricevuto un ruolo di massimo rilievo, fruendo del dicastero degli Affari esteri. Non è tutto: la carismatica politica è stata altresì investita delle mansioni di ministro dell’Energia e dell’Istruzione, e di un inedito e speciale ruolo di “Consigliere di Stato” in supporto del presidente eletto. C’è da credere, dunque, che buona parte dell’atteggiamento geopolitico e commerciale della moderna Birmania passerà anche sotto la sua supervisione.
Le sfide che attendono il nuovo corso del Myanmar (la storia legata al nome del Paese ufficialmente riconosciuto è interessante) comprenderanno necessariamente un ostico confronto con le fazioni militari, detentrici, secondo il dettato costituzionale, del 25 per cento dei seggi parlamentari indipendentemente dal risultato elettorale. Per gli uomini in divisa, ciò significa possedere una non indifferente facoltà di veto per ogni eventuale proposta di riforma sgradita. A questo si aggiunga inoltre che, sotto l’egida della vecchia oligarchia, sono comunque rimasti i ministeri della Difesa e dell’Interno.
Birmania: le prospettive economiche
Il governo di Htin Kyaw e di Aung San Suu Kyi ha, ad ogni modo, davanti a sé, un variegato carnet d’opportunità che non sembra volersi lasciare sfuggire. Secondo i dati della Banca Mondiale, l’economia della Birmania è cresciuta dell’8,5 % in termini reali nell’arco del 2014, confermandosi una importante piattaforma emergente nel panorama internazionale ed un discreto mercato di riferimento nella regione del Sud-Est Asiatico. Quello del Myanmar è un territorio dalle mille contraddizioni e dalle plurime potenzialità: ricco, in termini di risorse, petrolio, gas e legname su tutte, ma contemporaneamente prostrato da un protezionismo economico autoritario pluriennale che non ha concesso alcuna redistribuzione dei profitti, derivanti dallo sfruttamento delle materie prime, sprofondando così nella miseria gran parte della popolazione, già pesantemente falcidiata dalle sanguinose battaglie fra etnie diverse.
La visita avvenuta in questi giorni del nostro ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, condita dalla sigla di un accordo bilaterale per la cooperazione scientifica e tecnologica, è il sintomo di un rinnovato interesse per quella prospettiva liberista, d’apertura ai mercati ed alla concorrenza, nonché agli investimenti esteri e privati, che il presidente Kyaw ha confermato di voler resuscitare a pieno titolo nel Paese. Alcuni settori di potenziale interscambio commerciale tra Roma e Naypyidaw riguardano le infrastrutture per l’estrazione degli idrocarburi, per l’industria mineraria e i macchinari per la produzione agro-alimentare.
Importante sarà anche una politica economica basata su un robusto sostrato di liberalizzazioni dei prodotti a sostegno della crescita e ad abbattimento del pesante debito privato di cui soffre la manodopera birmana. Da non sottovalutare, infine, la scelta di un preciso partner commerciale per le esportazioni: la nuova amministrazione politica guarda infatti con favore ai mercati europei e americani, la giunta militare ha invece da sempre avuto un rapporto privilegiato con la Cina, spettatore più che interessato, c’è da scommetterci, del nuovo tragitto intrapreso dalla Birmania.
Riccardo Piazza