Dai Brics all’impeachment: il Brasile e la folgore dell’incertezza
Fino a qualche anno fa il Brasile era considerato quale membro stabile della lega delle economie con le migliori prospettive di crescita e sviluppo dell’intero pianeta. Quella dei “Brics” (acronimo di Brasile, India, Cina e Sud Africa) è infatti storia nota ai migliori studi di settore. Ciò nonostante, oggi, quello sudamericano è un Paese dal passo claudicante, incerto, con una economia priva delle sicurezze passate ed un sistema politico alla berlina per corruzione ed al collasso per mancanza di potere decisionale e di rappresentanza. Per meglio comprendere, sarà utile fare qualche passo indietro nel tempo.
Brasile: un salto nella storia recente
Nel corso della presidenza di Luis Inácio Lula da Silva, il mondo parlava di un vero e proprio “modello Brasile” grazie a palesi indicatori economici di rinascita che rifulgevano l’immagine di un gigante in stato di grazia: la crescita costante coniugata ad una produzione industriale forte ed a solidi aiuti di Stato al sistema del Welfare, consentirono alla domanda interna di acquisire reddito da spendere. Tale effetto domino positivo fece aumentare il volume dei prezzi delle materie prime nonché quello del commercio e delle principali esportazioni.
Un quadro idilliaco, la prova vivente della bontà di un programma economico e politico di stampo socialista ed egalitario, pacatamente aperto al mercato, che ha permesso, durante gli anni, di far uscire dalla oscura bisaccia della povertà grosse fette della popolazione. Il new deal dell’ex presidente sindacalista Lula, proseguì toccando il suo apice con l’elezione del Brasile quale casa comune per i Giochi Olimpici del 2016.
Con il successivo mandato presidenziale di Dilma Rousseff, ritroviamo gli anni appena trascorsi. Nelle ottiche del potere politico la candidata del Partito dei Lavoratori avrebbe dovuto rappresentare la continuazione di quella “rivoluzione soft”, ben diversa dall’impostazione più ortodossa che andava invece in scena per le vie di Caracas e del Venezuela di Chávez, che aveva consentito a Brasilia di galoppare verso un avvenire roseo.
Rousseff ebbe sin da subito grande sostegno, specie da parte di quella classe media dei salariati che, dopo le politiche di Lula e gli anni felici, era finalmente diventata una solida realtà. Eppure non è tutto oro quello che luccica: torniamo adesso al presente.
Brasile: Dilma Rousseff, l’impeachment ed un presente economico in equilibrio precario
All’interno degli ingranaggi di quella macchina ben costruita qualcosa non ha, evidentemente, più funzionato. Se attualmente il Brasile patisce il peggior calo del Prodotto interno lordo dal 1985, nell’anno 2015 una contrazione del 3,7 per cento la peggiore di sempre in scala congiunturale dai tempi della dittatura militare terminata proprio a metà degli anni ottanta, il sospetto che si possa essere davanti ad uno schema di sviluppo drogato ed alla sua degenerazione, non può che farsi concreto.
La produzione mineraria è crollata del 6,6 per cento, quella manifatturiera del 6,4. I prezzi delle materie prime si sono dimezzati e la domanda si è fatta asfittica. Inoltre una voluminosa fuga dei capitali e degli investimenti azionari, finanziari e borsistici, ha indotto alla protesta gran parte dei risparmiatori e messo nuovamente in evidenza la profonda sperequazione sociale e l’iniquità presenti nelle vene delle principali città.
Non meno pesante ed irrespirabile appare, in conclusione, l’aria del sistema politico del Brasile nel suo complesso. L’ultimo presidente eletto, Dilma Rousseff, il 17 aprile, è stato ufficialmente posto sotto stato d’accusa da uno dei due rami principali del Parlamento di Brasilia, con una maggioranza di 367 sì contro 167 no, per distorsione ed alterazione del pubblico bilancio.
Le imputazioni che le vengono addebitate si riferirebbero alla impropria gestione dei fondi di alcune banche governative e di alcune aziende di Stato, tra le quali l’enorme ed importante società di gestione del petrolio Petrobras, al fine di coprire profondi buchi neri insiti nel bilancio del Paese. Il dossier consta di un lungo filone investigativo e coinvolge anche l’ex presidente Lula.
Il processo di impeachment attende adesso il voto del Senato previsto per maggio. Se anche la Camera alta del Brasile si esprimerà in favore dello stato di imputazione, Rousseff incorrerà in una sospensione di 180 giorni accompagnata dal divieto d’esercizio del potere decisionale. Nel frattempo, una Commissione parlamentare d’inchiesta condurrà i dovuti approfondimenti d’indagine e l’incarico istituzionale vacante verrà retto dal vicepresidente Michel Temer.
Riccardo Piazza