Sciopero Rai, Renzi-Garante-Gubitosi contro lo sciopero. Camusso-M5S a favore
Mercoledì 11 giugno sarà il giorno dello sciopero Rai. La decisione dell’incrocio delle braccia nasce dalla decisione del Governo di tagliare fondi alla televisione di Stato. Poco gettito e pochi introiti in questo modo, lamentano dalla Rai. I tagli colpiscano tutti, televisione inclusa, afferma l’esecutivo. Ma in Parlamento c’è chi difende la tv pubblica.
150 milioni. E’ questa la cifra della spending review che si abbatterà sulla Rai nei prossimi mesi. Del resto, per fare cassa in questo momento storico, o si alzano le tasse – e non lo può fare il Governo Renzi, visto l’aumento in busta paga di 80 euro – oppure si taglia la spesa corrente. E’ quest’ultima la via privilegiata dall’esecutivo guidato dall’ex sindaco fiorentino. L’11 giugno si presenterà lo sciopero dei dipendenti Rai, organizzato da Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater, Libersind Conf Sal e Usigrai. I sindacati affermano come questo sia “un taglio drastico che non colpisce gli sprechi ma i posti di lavoro, creando le condizioni per lo smantellamento delle sedi regionali e ancor peggio per la svendita di RaiWay”. “Il perno su cui ruota l’intera vicenda” – secondo il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, intervistato da Il Messaggero, che ha annunciato la non partecipazione alla ‘serrata’ – è il rinnovo della concessione per il servizio pubblico alla Rai. Una riconferma che va presa alla vigilia del 2016.
Sullo sciopero interviene Matteo Renzi, dal palco del Festival dell’Economia allestito a Trento da Tito Boeri: “trovo incredibile questa riflessione e polemica che nasce dal sindacato interno”, afferma il premier secondo il quale la protesta “lascia il tempo che trova. Mi spiace solo che se l’avessero annunciato durante le elezioni prendevo il 42,8 per cento, non il 40,8%”. Uno sciopero “umiliante” dal momento in cui ”qui tutte le famiglie, nel Paese reale tirano la cinghia”.
E lo sciopero indetto dai sindacati Rai per il prossimo 11 giugno è stato dichiarato “illegittimo” dalla Commissione di Garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali.
Ma la leader Cgil Susanna Camusso va avanti: “Noi insistiamo, uno sciopero si fa o meno – ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso – se cambiano le condizioni. Al momento non credo che queste condizioni previste dal decreto siano cambiate”». Camusso ha definito “grave” che il premier Renzi abbia parlato dello sciopero dei dipendenti Rai come di uno “sciopero umiliante”.
Parla anche Luigi Gubitosi. Il direttore generale Rai afferma, intervistato dal Corriere della Sera, come “questo sciopero sia un errore. La Rai fa parte del sistema. Ci è stato chiesto un sacrificio, e noi lo faremo”. Da ex amministratore delegato di Wind spiega: “io poi vengo dal privato; sono abbastanza alieno dal concetto di sciopero per una richiesta dell’azionista”. E continua sul rinnovamento del personale: “stiamo lavorando alla revisione del piano industriale che ha già ridotto il personale: dal 2013 sono uscite 700 persone. La Rai va ringiovanita. Abbiamo una popolazione anziana; fa parte del piano e della natura delle cose ridurre una parte della popolazione più anziana e assumere, anche se in numero minore, dei giovani”. Poi sullo ‘svecchiamento’ dei dipendenti, parla di un concorso per giovani: “il concorso farà parte del piano. Dobbiamo portare dentro i nativi digitali. I giovani sono il futuro dell’azienda; senza di loro la Rai muore. E noi vogliamo che i primi sessant’anni della Rai siano solo il prodromo di altri sessanta. Ma è tardi aspettare il 2016 per discutere: avere maggiori certezze favorirà il rilancio”.
Gubitosi passa alla disponibilità dei 150 milioni di euro, giudicando così la possibile vendita di Rai Way (la società che controlla le torri di trasmissione, ndr): “la quotazione di Rai Way è già operativa. Abbiamo selezionato un gruppo di banche, di advisor. Chiudere entro l’anno è un programma ambizioso ma raggiungibile”, tuttavia senza sapere – precisamente – quanto si incasserà. Il direttore generale della tv pubblica parla dei risultati: “crescita: in questi due anni i costi di esercizio della Rai sono scesi di quasi cento milioni l’anno. Abbiamo riportato la Rai in attivo nonostante il continuo calo della pubblicità e il mancato adeguamento del canone. Eppure non sono stati anni di soli tagli, ma di investimenti e di redistribuzione delle risorse dalle aree meno produttive a quelle strategiche. Abbiamo ridotto i costi esterni, tagliato cose storiche, creando anche frizioni con alcuni personaggi interni; e abbiamo investito in tecnologia. La digitalizzazione della Rai era il titolo di un libro ancora da scrivere, ora è un fatto: il Tg2 è partito oltre un anno fa, il Tg3 è partito il giorno delle elezioni, il Tg1 parte il 9 giugno. E quando hai tutti i giornalisti che lavorano in digitale puoi rivedere in meglio l’organizzazione del lavoro, figlia ancora dell’accordo del 1975”.
Ma a dare un’inaspettata sponda ai futuri scioperanti Rai è Roberto Fico, Presidente della Commissione di Vigilanza Rai in quota Movimento 5 Stelle. Questi parla all’Adnkronos: “penso che il ricorso allo strumento dello sciopero da parte dei dipendenti della Rai sia assolutamente legittimo nel metodo e che sia assolutamente motivato nel merito, indetto su una questione che non è di poco conto”. Aggiunge poi: “potrebbe anche essere che qualche nostro deputato partecipi alla manifestazione, per ora non abbiamo pensato ad una eventuale rappresentanza ufficiale”. Infine attacca l’esecutivo: “questo intervento del governo incardina ancora di più la politica nella Rai: portar via 150 milioni dal bilancio a metà anno rende la Rai ancora più subordinata alla politica, la mette in condizione di chiedere di essere tutelata, salvata. E’ un messaggio forte all’azienda dire ‘ti levo dei soldi senza concordare niente con te. E’ la politica che decide”.
Intanto le Commissioni Bilancio e Finanze del Senato vanno verso l’approvazione dell’emendamento del Pd, recepito dai relatori al decreto Irpef che salva di fatto le sedi regionali della Rai. “Rimane – spiega Margiotta del Pd – una sede giornalistica e le strutture produttive in ogni regione”. Inoltre la Rai viene esclusa dai tagli previsti a carico delle società partecipate dallo Stato.
Daniele Errera