Elezioni USA: chi è Gary Johnson, possibile terzo incomodo per la corsa alla Casa Bianca
Elezioni USA: chi è Gary Johnson, possibile terzo incomodo per la corsa alla Casa Bianca
Gary Johnson come Henry Ross Perot? E’ ancora troppo presto per dirlo. Ma gli ultimi sondaggi pubblicati negli USA sembrano lasciar intravedere un discreto spazio elettorale per il 63-enne di Minot e per il suo Partito Libertariano, che potrebbe provare a mettere ancora una volta i bastoni tra le ruote dei principali partiti e dei loro candidati nella corsa alla Casa Bianca.
Johnson nei prossimi giorni si giocherà la candidatura contro Austin Petersen, giovane funzionario del Partito Libertariano. Già governatore del New Mexico per due mandati dal 1994 al 2003 – sconfiggendo i democratici Bruce King e Martin Chavez – Johnson dapprima si candidò alle primarie repubblicane in vista delle elezioni presidenziali 2012, per poi abbandonare il GOP nel novembre 2011 ed operare il “grande salto” nel Partito Libertariano, del quale fu il candidato ufficiale alle presidenziali di 4 anni fa, raccogliendo circa l’1% dei voti – pari a poco meno di 1.3 milioni di preferenze – ma nessun Grande Elettore.
Elezioni USA: Gary Johnson e i sondaggi
Secondo l’ultimo sondaggio di Morning Consult, Johnson sarebbe accreditato del 10%, nonostante ci sia ancora un’alta percentuale di indecisi (17%). Un dato che potrebbe rappresentare una vera spina nel fianco nel duello tra Donald Trump ed Hillary Clinton (che, secondo Morning Consult, è accreditata del 38%, con 3 punti di vantaggio sul tycoon). In particolar modo, Johnson farebbe incetta di voti tra gli indipendenti: il 18% di loro voterebbe per lui, un solo punto percentuale in meno dell’ex first lady.
Anche Fox News, nel suo ultimo sondaggio, ha evidenziato un Johnson in doppia cifra, con Trump a guidare al 42%, 3 punti in più della Clinton. Risultati non molto dissimili da quelli analizzati dall’affidabile Monmouth University, che nel marzo scorso accreditava Johnson – in un’ipotetica corsa a 3 – dell’11%.
“Governo minimo, massima libertà”. Questo lo slogan del Partito Libertario, fondato nel 1971 in Colorado e mai seriamente in lizza sino ad oggi, avendo ottenuto un solo Grande Elettore alle presidenziali del 1972 e nessun parlamentare in oltre 40 anni di esistenza. Ideali ovviamente ripresi nel programma di Johnson, che punta ad una rivoluzione del sistema di tassazione – sostituendo le imposte su redditi e salari con un’unica tassa sui consumi – e ad eliminare qualsiasi politica di deficit spending, in presenza di un debito pubblico ritenuto “insostenibile”.
Elezioni USA: quali chances per Gary Johnson?
Ma ci sono chances concrete di creare grattacapi ai due principali candidati? L’unico vero grande terzo incomodo nella storia recente del bipartitismo statunitense fu Henry Ross Perot, che nel 1992 ottenne il 19% dei voti a livello federale, pur senza conquistare alcun Grande Elettore. Un risultato replicato – in tono minore – nel 1996, con la creazione di un vero e proprio partito (il Reform Party, fondato nel ’95) e la conquista dell’8.4% dei voti nazionali.
Come sottolineato da Fivethirtyeight, nel caso di Ross Perot diversi istituti demoscopici sovrastimarono la sua potenza elettorale, sia nel ’92 che nel ’96. Una situazione ripetutasi nel 2012, con Johnson dato al 2%, cioè il doppio di quanto ottenne effettivamente. Ma – come evidenziato sempre da FTE – le primarie 2016 hanno ampiamente dimostrato (con la quasi certa nomination di Trump) che ormai tutto può accadere. Con un Johnson magari non in grado di ambire seriamente alla Casa Bianca, ma idoneo ad intercettare una fetta di voti tale da orientare il risultato – soprattutto nei caldissimi “Swing States”, quelli maggiormente in bilico – in maniera decisiva.