Thailandia, oggi referendum: Senato non più elettivo ma nominato dai militari?
Thailandia, oggi referendum: Senato non più elettivo ma nominato dai militari?
Domenica 7 agosto 2016 è il giorno in cui la Thailandia è stata chiamata alle urne per rispondere a due quesiti referendari che riguardano la struttura istituzionale della nazione indocinese. Il primo chiede l’approvazione della bozza della Costituzione, il secondo chiede che anche il Senato possa partecipare alla designazione del Primo Ministro, cosa attualmente riservata alla Camera.
Due quesiti che apparentemente non hanno nulla di dittatoriale, se non fosse che gli estensori di tale riforma sono i militari della giunta che, con il nome di “Consiglio nazionale per la pace e per l’ordine”, guida la Thailandia dal colpo di stato del 22 maggio 2014, che ha tentato di placare gli scontri tra i conservatori-liberali (le “magliette gialle”, ceto medio/alto di città) e i sostenitori (le “magliette rosse”) della premier Yingluck Shinawatra, sorella di Thaksin Shinawatra, anch’egli già a capo di un esecutivo di orientamento populistico/ruralista deposto da un colpo di stato nel 2006 con le accuse, avanzate dalla Corte Costituzionale, di corruzione, brogli elettorali e abuso di potere.
Thailandia, gli effetti della riforma costituzionale voluta dai militari
L’attuale giunta militare guidata dal generale Prayuth Chan-ocha sostiene che con la nuova Costituzione il prossimo governo potrà contrastare più efficacemente la corruzione. Attualmente più della metà dei 250 senatori viene eletta dai thailandesi; se venisse approvata la riforma, tutti i senatori verrebbero nominati dai militari e per di più potrebbero concorrere alla scelta del Primo Ministro; ciò, secondo gli oppositori, consoliderebbe il potere dell’attuale giunta, che si vorrebbe assicurare il vertice dei prossimi esecutivi. Anche perché è probabile uno scenario dal quale non riesca emergere alcuna maggioranza netta nell’altra Camera (Assemblea Nazionale). Infatti, la riforma riguarda anche l’elezione della Camera, per la quale si propone di aumentare a 500 il numero dei deputati eletti con metodo proporzionale, diminuire il numero di quelli scelti a livello distrettuale e limitare il numero di seggi proporzionali che possono essere attribuiti ad un singolo partito; queste modifiche dovrebbero aumentare il peso dei partiti medi a scapito dei due maggiori, impedendo di fatto il raggiungimento di una maggioranza assoluta monocolore.
La giunta, dal canto suo, promette che in caso di approvazione della nuova Costituzione avvierebbe al più presto la Thailandia verso nuove elezioni, che si dovrebbero tenere a metà 2017. Se vincessero i no, la giunta non intende dimettersi, ma piuttosto preparerebbe una nuova bozza di Costituzione, processo che potrebbe perdurare per altri mesi.
Thailandia, la legge che vieta la propaganda referendaria (contro)
I due ex premier Abhisit Vejjajiva (conservatore-liberale) e Yingluck Shinawatra (ruralista) hanno manifestato la loro contrarietà a tale riforma costituzionale, invitando comunque ad andare a votare; alcune “magliette gialle” si sono però mostrate favorevoli. L’articolo 61 del Referendum Act vieta la diffusione di “informazioni false, violente, volgare, aggressive o coercitive” che possano influenzare gli elettori, insomma, vieta la propaganda per il “no”; ai sensi di tale legge, criticata per la vaghezza della formulazione, un giornalista e decine di attivisti sarebbero stati arrestati, mentre lo scorso 21 luglio un’emittente TV vicina ai Shinawatra è stata chiusa per un mese. Le pene imposte da tale Referendum Act implicano, per chi scoraggia gli elettori a partecipare al referendum, la detenzione fino ai 10 anni, una multa fino a 200.000 bath (circa 70.000€) e la perdita dei diritti elettorali per 5 anni per chi scoraggia gli elettori a partecipare al referendum. Tutto ciò ha suscitato la preoccupazione dell’ONU e di molteplici ambasciatori.
Secondo i sondaggi, gli elettori favorevoli alla nuova costituzione sarebbero leggermente più numerosi rispetto a quelli contrari, ma la maggior parte dei 40,4 milioni di thailandesi che hanno diritto di voto risulta ancora indecisa e confessa di non conoscere il contenuto della riforma costituzionale. Ad ogni modo, l’obiettivo della commissione elettorale è quello di raggiungere un’affluenza pari all’80%.