Rilancio dell’economia, nel governo regna la confusione
Sarà l’aumento del grado di incertezza come pronosticato dall’economista Francesco Giavazzi. Sarà, come ricorda l’ex direttore del Corriere, De Bortoli, che “l’illusione che bonus e incentivi rianimassero i consumi interni è svanita nell’aridità impietosa dei numeri”. Fatto sta che i dati sulla mancata crescita dell’Italia resi noti dal’Istat il 12 agosto obbligano premier e governo a riscrivere il Def (documento di economia e finanza).
Come ha riportato il Corriere della Sera, l’esecutivo “si sta preparando a chiedere per il secondo anno di fila una deroga al rispetto delle regole su deficit. Le strade sono due: l’Italia può chiedere di finanziare parte della manovra in deficit ulteriore contestando la linea dell’Ecofin. Oppure può chiedere la stessa cosa, e dunque una sorta di sforamento, sottolineando le circostanze eccezionali della nostra economia, nel contesto di incertezza provocato da fattori esterni, Brexit in testa”.
Economia, i piani di rilancio del governo
L’intervento pensato dal governo è tutto concentrato nello stimolare la crescita tramite investimenti pubblici strategici. Investimenti quantificati, secondo stime dell’agenzia Ansa, intorno a quota 30 miliardi. Non certo noccioline. Per questo Palazzo Chigi cercherà al più presto di aprire un tavolo di confronto con Bruxelles.
Ma a quali interventi verranno destinate le eventuali risorse?
Nell’esecutivo, in questo caso, regna la confusione. Ognuno stila la propria lista della spesa. Il viceministro all’Economia, Enrico Zanetti, in un’intervista alla Stampa prima e in una al Sole 24 Ore, ha ribadito la necessità di attuare misure che aiutino il Paese a crescere, come il blocco degli aumenti Iva, il taglio dell’Ires, gli interventi per chi è senza pensione e senza lavoro, gli aumenti degli statali e in coda gli aumenti ai pensionati. Priorità condivise dal collega Enrico Morando ma non dal viceministro alle Infrastrutture Riccardo Nencini, secondo cui “anche le pensioni minime sono una priorità”. Quel che è certo è che il taglio dell’Irpef verrà rimandato definitivamente al 2018 mentre Renzi spera in un risultato positivo al referendum costituzionale di autunno che possa dare una spinta di qualche decimale alla scricchiolante economia italiana.