Spagna verso nuove elezioni. Strada in salita per il premier uscente Rajoy
Elezioni Spagna: Strada in salita per il premier uscente Rajoy
Sono tutti d’accordo. Almeno a parole. Andare a nuove elezioni (le terze in un anno) sarebbe un’assurdità e provocherebbe una nuova disaffezione alla politica. Ma per ora non c’è nessuna prospettiva di governo. Non basta al segretario del Partido Popular (Pp) Mariano Rajoy l’accordo con Ciudadanos (C’s) per formare un governo di maggioranza. Con l’appoggio di C’s (37 voti a favore) e di Coalición Canaria (con solo un rappresentante), lo scorso 31 agosto Rajoy ha ottenuto 170 voti a favore, avvicinandosi ai 176 deputati necessari per ottenere la maggioranza assoluta.
Ieri sera Rajoy ha avuto una seconda occasione per formare un governo di minoranza. Per il premier uscente era necessario ottenere più ‹‹sì›› che ‹‹no›› e sperare nell’astensione di almeno 11 deputati. Durante il duro dibattito di mercoledì prima del voto, gli appelli all’astensione rivolti al segretario del Psoe Pedro Sánchez sono caduti nel vuoto e la seconda votazione ha avuto lo stesso risultato della prima: 17o ‹‹sì›› e 180 ‹‹no››. Ora le forze politiche in campo hanno due mesi di tempo per formare un nuovo governo ed evitare le urne.
L’opaco discorso di Rajoy prima del voto
‹‹ Un discorso grigio di un partito che sta diventando nero e che chiede un assegno in bianco››. Non poteva trovare formula migliore Doménech Xavier, portavoce di En Común Podemos, nel descrivere il discorso di Rajoy prima del voto di fiducia. Un discorso senza forza né convinzione che ha deluso tutte le principali forze politiche che, già in conferenza stampa, avevano attaccato duramente il leader Popolare. Con un discorso autoritario, Rajoy ha messo in campo la mancanza di alternative, invitando i socialisti ad astenersi questo venerdì per uscire dall’impasse politico di questi mesi.
Il duello tra Sánchez e Rajoy
Il segretario socialista Pedro Sánchez non cambia strategia. Nel suo discorso di martedì infatti ha ribadito il suo secco ‹‹no›› a un nuovo governo del Pp, anche se sono evidenti le spaccature all’interno del suo partito. Nei giorni scorsi molte voci autorevoli del Psoe – tra cui l’ex premier José Luis Rodíguez Zapatero y l’ex segretario del Psoe Gonzalo Rubalcaba – invitavano a riconsiderare una possibile astensione, ma l’intervento di Sánchez sembrava costruito per evitare possibili franchi tiratori e riportare nei ranghi i suoi detrattori.
Mariano Rajoy sceglie l’ironia per rispondere agli attacchi di Pedro Sánchez. ‹‹ Lei mi cita in continuazione, signor Sánchez. Questo mi lusinga, poiché mi dà autorevolezza. Mi dipinge come la quintessenza del male e di aver mal governato. Ma dopo le elezioni di giugno ho nuovamente più deputati di lei››. E snocciola di dati su disoccupazione e Pil che, con un tasso di crescita del 3,2%, è nettamente superiore rispetto alla media Ue. Glissa invece i dati sul debito pubblico – ormai sopra il 1o0% – e sul rapporto deficit/Pil superiore al 3%.
Podemos attacca C’s e il Pp, poi rilancia
‹‹ E’ venuto a chiedere la fiducia sapendo di non poter raggiungere alcun risultato – ha tuonato il carismatico leader di Podemos Pablo Iglesias. – Perché allora siamo qui? Me lo sono chiesto ieri notte mentre scrivevo questo discorso, se lo saranno chiesto milioni di spagnoli. Non cederemo alle pressioni e ai potenti e non rinunceremo ai nostri principi per formare un governo di convenienza. M’inorgoglisce essere il suo antagonista››. Dopo un duro attacco al governo, Iglesias si è rivolto al suo elettorato in un tono da campagna elettorale, poi ha alzato lo sguardo verso la parte dell’emiciclo occupata dai deputati del Psoe per chiedere un governo ‹‹alternativo››, anche se è necessaria l’astensione di C’s e l’appoggio dei partiti nazionalisti. Un’ipotesi poco probabile.
L’accordo zoppo tra Pp e C’s
Dopo una settimana di negoziazione, è arrivato l’accordo ufficiale tra il Partido Popular e Ciudadanos. Un accordo ‹‹insufficiente››, come ha ammesso lo stesso segretario del Pp Mariano Rajoy, che prevede 150 punti di cui 100 già previsti nel patto tra il Psoe e C’s di marzo. Una similitudine che ha fatto storcere il naso a molti, mettendo in imbarazzo i dirigenti del Psoe. Ora i due partiti di centrodestra s’impegnano a ridurre a tre il numero di contratti lavorativi, aiutare i cittadini con un reddito basso e cambiare la Costituzione per ridurre il numero di senatori. Le misure anticorruzione – che ormai è diventata quasi una malattia endemica del Pp – sono presenti nel patto, ma in forma molto blanda.
Durante il suo discorso prima del voto Albert Rivera ha ribadito la necessità di uscire dal una situazione di stallo e ha invitato i socialisti ad astenersi. ‹‹ Gli spagnoli – ha continua Rivera – non si sono sbagliati. Sbagliano quello che pensano solo alle urne››. Come a dire, ormai è tempo di compromessi. Singolari, però, le ultimi linee del patto siglato tra da Pp e C’s. Per volontà di quest’ultimo, è stato inserito un triste epitaffio: ‹‹Il presente accordo compromette le parti firmatarie dopo che il Congreso darà la fiducia al candidato››. Insomma, uniti ma solo con i vincitori.