Referendum Colombia: perché ha vinto il No?
Referendum Colombia: perché ha vinto il No?
“Per una pace senza concessioni ai terroristi, voto No al referendum”. Così recitava un volantino di una manifestante a Bogotà il 1 ottobre scorso. Domenica scorsa, con un risultato a sorpresa, i colombiani hanno bocciato l’accordo di pace firmato dal governo con le Farc (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia) al termine di 4 anni di negoziato. Una decisione che apre grandi interrogativi sul futuro del Paese. Il ‘no’ al referendum si è imposto di un soffio, con il 50,21% contro il 49,78% (neanche 54mila voti di scarto), in una consultazione che visto solo poco più del 37% degli elettori andare alle urne.
Referendum Colombia: la reazione del governo
Il grande sconfitto è il presidente Juan Manuel Santos, che si era giocato il suo capitale politico per la pace. La tenuta del governo, come ha ammesso lo stesso Santos, sarebbe a rischio. “Come capo di Stato, sono il garante della stabilità della nazione, e questa decisione democratica non deve pregiudicare la stabilità che voglio garantire” – ha commento dopo il voto. Nonostante il “No”Santos è deciso a non gettare la spugna. Il governo si è già mosso per riprendere i negoziati e ha subito rispedito un’equipe di negoziatori all’Avana – grande sponsor insieme al Vaticano – per continuare i negoziati di pace con i capi guerriglieri. Le Farc si sono già dette disponibili ad andare avanti.
Vamos a seguir poniendo todo nuestro empeño para dejarles a las próximas generaciones un país como todos nos merecemos: UN PAÍS EN PAZ
— Juan Manuel Santos (@JuanManSantos) 4 ottobre 2016
Referendum Colombia: nuova apertura delle le Farc
Delusione anche tra le fila delle Farc. In un’intervista radiofonica dall’Avana, il leader delle Farc Lodono ha ammesso la sua sorpresa il risultato. “In una battaglia politica – ha commentato “Timochenko” – esistono sempre due possibili risultati e bisogna essere preparati per qualsiasi dei due. Questo esito ci inaspettato ci riempie ancor più di entusiasmo, esige da noi un impegno ancora più forte, Ora bisogna offrire diverse letture e analisi per vedere che cosa c’è da correggere. Ad ogni modo la prospettiva della pace va avanti comunque”. I guerriglieri sono disposti a “correggere” il trattato e, proprio per facilitare un nuovo accordo, il capo della delegazione delle Farc per il negoziato, Timoleon Jimenez, ha offerto le proprie dimissioni.
Referendum Colombia: perché ha vinto il “No” ?
Perché migliaia di colombiani hanno respinto l’opportunità di una pace duratura? Pur stanchi della guerra, molti di loro non vogliono fare concessioni alle Farc. I numeri, d’altronde, sono impietosi. Cinquantadue anni di guerra civile, oltre 260 mila morti, 46 mila dispersi, 7 milioni di sfollati e migliaia di persone torturate e sequestrate. “Ho votato “si” alla pace votando “no” all’accordo'”, dicevano dopo la vittoria i sostenitori dell’ex presidente Alvaro Uribe, principale oppositore del processo di pace e grande vincitore della nottata. Il punto che ha generato più attrito è stata la questione della giustizia transitoria accordata ai guerriglieri: un progetto di legge di amnistia che prevede il perdono per tutti quei guerriglieri che non hanno commesso reati riconosciuti dallo Statuto di Roma (crimini contro l’umanità, tortura, sequestro o reclutamento di bambini). Pene ridotte invece per alcuni guerriglieri che confesseranno i loro crimini. Troppi i colombiani che hanno avuto familiari finiti nel tritacarne della guerriglia per chiudere entrambi gli occhi. L’accordo prevedeva anche l’ingresso delle Farc nella vita politica in maniera legale: i suoi 5.765 combattenti (secondo le cifre della guerriglia) dovevano concentrarsi in 27 siti per consegnare le armi. Successivamente era previsto il loro reinserimento nella vita civile.
Referendum Colombia: sfuma il sogno del Nobel
All’indomani della vittoria del “no”, la Colombia è stata depennata dalla lista dei possibili Nobel per la Pace. Fino a ieri, il presidente colombiano Juan Manuel Santos e il leader delle Farc, Rodrigo London erano nella rosa dei favoriti per il prestigioso premio il cui vincitore verrà annunciato venerdì prossimo. Il ministro degli Esteri norvegese, Borge Brende, che ha avuto un importante ruolo di mediazione nei negoziati in Colombia, ha espresso la sua delusione dopo il voto di domenica. Come se non bastasse, dopo l’esito negativo del referendum è arrivata anche una batosta dal mondo finanziario: l’agenzia di rating Moody’s infatti ha declassato il paese sudamericano a Baa2.