Immigrazione: breve storia di un valore aggiunto

Pubblicato il 12 Ottobre 2016 alle 13:43 Autore: Riccardo Piazza
sondaggi politici,immigrazione

Immigrazione: breve storia di un valore aggiunto

Secondo un rapporto curato da Roberto Cicciomessere e Vitaliana Curigliano, pubblicato per conto dei Radicali italiani con una prefazione di Riccardo Magi e una introduzione di Emma Bonino, gli ultimi anni avrebbero definitivamente cambiato gli equilibri economico-politici legati al fenomeno dell’immigrazione in Italia, così come in Europa. Lo studio analitico, basato su alcune ricerche condotte di concerto dagli autori con alcuni dei maggiori istituti continentali di controllo e sorveglianza delle politiche del lavoro, mostra come i flussi migratori nel nostro Paese siano ben lungi dal rappresentare quella truculenta e incombente “marea oscura” d’invasione dei confini, quanto piuttosto un possibile motore per il sostegno della demografia stagnante, per la previdenza sociale e per lo sviluppo.

Immigrazione: breve storia di un valore aggiunto

Il fabbisogno delle masse migratorie, volte all’inclusione sociale attiva all’interno delle diverse cornici statuali, è davvero eterogeneo. L’Unione europea ha da tempo connesso l’immigrazione globale al sostentamento dei tessuti demografico-connettivi del lavoro e delle politiche produttive. Tale semplice paradigma economico non è purtroppo una regola universale e la sua applicazione si è spesso dimostrata fallace, insufficiente o del tutto disattesa. Esaminando i cinque più grandi paesi del Vecchio continente (Italia, Germania, Spagna, Francia e Regno Unito), il 63 per cento della popolazione europea, ci si rende conto di come soltanto Francia e Gran Bretagna abbiano un tasso di rimpiazzo demografico sufficiente a contenere un basso livello di manodopera straniera. In Italia il tasso di natalità, lo scorso anno, era di otto nati ogni mille abitanti, uno dei più bassi dell’intera zona comunitaria. La manovalanza straniera fa comodo eccome: stando ai numeri dell’inchiesta precisamente per 8 punti percentuali di sostegno alla crescita ed alla ricchezza nazionale (Pil).

Le categorie lavorative che richiedono un basso tasso di scolarizzazione e specializzazione tecnica forniscono un grosso bacino d’emergenza per la stabilità del bilancio nonché per il già magro sistema pensionistico di previdenza. La precarietà del Welfare ed uno Stato sociale comunitario manchevole hanno implementato la percezione di una invasione migratoria imminente nel tempo, eppure analizzando le serie storiche legate ai flussi continentali scopriamo altro: “Le indagini sulle dinamiche delle forze di lavoro immigrate nel nostro Paese mostrano che la domanda di lavoratori stranieri ha subito una drastica riduzione negli ultimi anni, per la saturazione di alcuni settori di lavoro meno qualificato, in particolare quello dei servizi alla persona: si registra, di conseguenza, una riduzione netta degli immigrati per motivi di lavoro e un aumento dei ricongiungimenti familiari, che segnalano un progressivo consolidamento delle comunità di stranieri già insediate. In poche parole, si è chiuso un ciclo, con i suoi flussi di oltre 350 mila immigrati aggiuntivi l’anno, e se n’è aperto un altro con un fabbisogno più contenuto che si può stimare, con l’orizzonte del 2025, intorno a meno di 150 mila migranti l’anno, che consentirà di mantenere l’attuale livello della popolazione lavorativa nel Centro-Nord, mentre le regioni del Mezzogiorno perderanno probabilmente altri 800 mila residenti. Queste stime del fabbisogno rendono ampiamente assorbibili gli attuali flussi migratori che si registrano nei primi mesi del 2016”.

Quello che manca alla legislazione europea è una gestione dell’immigrazione organica, liberale ed omogenea. Il Testo unico sull’immigrazione ha pienamente mostrato tutta la sua inadeguatezza normativo-esecutiva e il Trattato di Dublino si è rivelato anacronistico, incapace di far fronte alle nuove esigenze delle transumanze umane. A tal proposito, il dossier presentato dai Radicali italiani pone due soluzioni di principio: un regolamento che superi le attuali incertezze burocratiche e le diffidenze restrittive nei confronti dei richiedenti asilo, ma soprattutto un dispositivo selettivo e di mercato per l’accesso al lavoro, si pensi ai permessi di soggiorno legati alla ricerca di una occupazione grazie alla mediazione di soggetti privati sull’esempio della legge Biagi, cui legare tassativamente l’eventuale inclusione nel sistema-Paese.

“Vanno previsti meccanismi diversificati di ingresso per lavoro a partire dall’introduzione di un permesso di soggiorno temporaneo per ricerca di occupazione, attraverso attività d’intermediazione pubbliche e private tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri, e dalla reintroduzione del sistema dello sponsor. Verrebbe meno così la necessità di fissare quote d’ingresso poiché sarebbe il mercato a stabilire l’effettiva necessità di lavoratori stranieri in base alla domanda, come del resto avviene in altri Stati europei”.

Riccardo Piazza

L'autore: Riccardo Piazza

Nasce a Palermo nel 1987 e si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione presso l’Università del capoluogo siciliano nel 2010. Prosegue i suoi studi specialistici in Scienze filosofiche all’Università di Milano dove consegue il Diploma di laurea Magistrale nel 2013. Scrive per alcune riviste telematiche di letteratura e collabora, quale giornalista, per diverse testate d’informazione occupandosi di cronaca parlamentare, costume e società. Si dedica attivamente allo studio dell'economia e del pensiero politico contemporaneo ed è docente di storia e filosofia. Gestisce un blog: http://www.lindividuo.wordpress.com Su twitter è @Riccardo_Piazza
Tutti gli articoli di Riccardo Piazza →