Afghanistan al voto: ballottaggio per la presidenza
In due a contendersi la poltrona che è stata per tredici anni di Hamid Karzai: l’Afghanistan torna oggi al voto per eleggere il suo nuovo presidente. Da una parte Abdullah Abdullah, il favorito, classe 1960, ex ministro degli Esteri nel primo governo Karzai. Al primo turno ha preso il 45 per cento dei voti. Dall’altra parte c’è Ashraf Ghani, nato nel 1949, educazione negli stati Uniti, ministro delle Finanze dopo la caduta dei talebani, un passato alla Banca mondiale: al primo turno si è fermato al 31 per cento. Entrambi aspirano alla presidenza di un Afghanistan che sta cambiando pelle ma che è ancora una nazione a metà del guado.
L’Afghanistan arriva al voto dopo tre settimane di ballottaggio segnate dal fallito attentato contro Abdullah Abdullah, lo scorso 6 giugno a Kabul: lui è rimasto illeso ma sei persone sono morte.
Le autorità del paese hanno rafforzato le misure di sicurezza: pesa la minaccia dei talebani, che hanno messo in guardia la popolazione invitandola ad astenersi dal partecipare a una ‘operazione americana’. I gruppi terroristici hanno minacciato di attaccare i seggi elettorali allestiti nelle città. Circa 200mila tra soldati, agenti di polizia e uomini dell’intelligence sono stati schierati per garantire la sicurezza di chi parteciperà al voto, ha comunicato il ministero della Difesa.
Un paio d’ore prima dell’apertura dei seggi (alle 7 ora italiana) un razzo è caduto su Kabul. Nessuno è rimasto ucciso. Due agenti invece sono morti nella provincia di Farah: stavano trasportando materiale per i seggi elettorali. Un ordigno è esploso al loro passaggio. A metà giornata i talebani hanno annunciato di aver sferrato 246 attacchi in tutto il paese. Una ventina le vittime, tra cui cinque bambini nella provincia di Khost, nell’est del paese.
Il presidente uscente Hamid Karzai ha invitato comunque i suoi connazionali a recarsi alle urne: il voto “è molto importante per la democrazia e il rafforzamento della stabilità del paese. Tutti gli afghani dovrebbero recarsi ai seggi e votare il loro candidato preferito nell’interesse di garantire un futuro stabile e florido all’Afghanistan”. È la prima volta che il potere viene trasferito pacificamente da una persona all’altra attraverso lo strumento delle elezioni.
Per il paese i mesi a venire saranno cruciali. Le truppe occidentali si apprestano a lasciare l’Afghanistan dopo tredici anni. Al vincitore delle presidenziali un’eredità complicata: un’economia ferma, come ha scritto la Reuters, ma anche corruzione diffusa, ampi territori dove la leggere resta inapplicata. E poi c’è la minaccia dei talebani, indeboliti ma non sconfitti.