ISTAT: quasi la metà delle famiglie del Sud a rischio povertà ed esclusione

Pubblicato il 6 Dicembre 2016 alle 14:23 Autore: Alessandro Faggiano
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ISTAT: quasi la metà di famiglie a rischio povertà vive al Sud

L’istituto nazionale di statistica ha presentato quest’oggi il documento su “condizioni di vita e reddito”. Un report di una ventina di pagine (potete visionarlo integralmente QUI) che mostra le grandi differenze economiche tra nord e sud e che offre un ulteriore spunto di analisi sulla geografia del referendum. Il documento pone in evidenza che oltre un quarto delle famiglie italiani siano a rischio di povertà. Il documento si basa sui dati sia del 2014 che del 2015.

Più di una famiglia su dieci (l’11,5%) vive in uno stato di grave deprivazione materiale (ovvero, con l’impossibilità di far fronte a spese ritenute basiche o senza la capacità economica per risolvere una situazione d’emergenza). Un numero quasi uguale di famiglie (11,7%) lavora con bassa intensità – ovvero, meno di 1/5 del tempo disponibile). Per ultimo, un 19,9% dispone di un reddito pari al 60% o meno (corrispondente al reddito per rischio di povertà), rispetto alla mediana del Paese. Sommando il numero di famiglie che posseggono almeno uno dei tre criteri, si evince che il 29,7% delle famiglie vive in una condizione a rischio di povertà ed esclusione sociale.

Istat, rischio di povertà ed esclusione sociale drammaticamente alti nel meridione. Nord in ripresa

Dai dati offerti dall’Istat, si evince che chi continua a “passarsela peggio” è proprio il Sud Italia. Le statistiche sono impietose: quasi una famiglia su due (46,4%) residente nel mezzogiorno è a rischio di povertà ed esclusione sociale. Oltre una famiglia su cinque lavora a bassa intensità. Dati diametralmente opposti rispetto a quelli del Nord Italia, dove questo rischio è più che dimezzato (17,4%) e solo il 6% delle famiglie ha una bassa intensità lavorativa. Parametri ottimi, quindi, per il Settentrione. Anche Il centro Italia vede incrementare preoccupantemente il numero delle famiglie a rischio, passando dal 22,1% al 24%. Quasi una famiglia su quattro.

De Luca, Di Maio, ISTAT

Istat, i dati per regione: le peggiori sono Sicilia, Calabria e Campania. Il Friuli è la regione a minor rischio. Migliori province: Bolzano e Trento

Delle ventuno regioni italiani, il fanalino di coda per questa classifica è la Sicilia: oltre una famiglia su due (55,4%) è a rischio di povertà e di esclusione sociale. Detiene il triste primato per tutti gli indicatori di rischio. Anche la Campania di Vincenzo De Luca ottiene un pessimo risultato, risultando terzultima ma con il secondo livello più alto di rischio di povertà (35,5%) e bassa intensità lavorativa (19,4%). Tirando le somme, il 46,1% delle famiglie campane è a rischio. Oltre alla Sicilia, solo la Puglia supera il suo dato aggregato (47,8%).

Migliori notizie arrivano dal Nord, dove gli indicatori mostrano una prima inversione di tendenza. Molto bene il Friuli-Venezia Giulia , attualmente governato dalla Serracchiani. Tra tutte le regioni, fa riscontrare il valore aggregato più basso: solo un 14,5%. In generale, nessuna regione del Nord Italia supera il 20% di famiglie a rischio povertà o esclusione sociale. Il miglior dato provinciale arriva da Bolzano. Qui, solo una famiglia su trenta ha una bassa intensità lavorativa e appena il 6% presenta problematiche legate a deficienze materiali. Ciò nonostante, pur restando il miglior dato visibile, vede crescere il rischio aggregato dal 9,7% del 2014 al 13,7% del 2015. Discorso analogo per Trento (che si assesta al 15,8%)

Istat e genere: maggiori differenze al Nord, meno al Sud?

Secondo i dati Istat, il sesso del precettore principale della famiglia incide molto più al Nord e al Centro che al Sud. La differenza di reddito familiare medio per le regioni settentrionali, a partire dalla discriminante di genere, è di quasi 11.000 euro (36.919 euro per famiglie principalmente a carico di un uomo, 25.991 quelle a carico di una donna). La differenza scende di qualche migliaia di euro se andiamo verso il centro (precisamente a 8658 euro) e si riduce a quasi la metà – rispetto al Nord – se passiamo al Meridione. La differenza di reddito netta tra famiglie con un uomo come precettore principale, e con una donna come precettrice, si assesta sui 5.818 euro. Nello specifico, la media del primo si fissa sui 25.897 euro. Per il secondo, si arriva a 20.079 euro.

 

 

L'autore: Alessandro Faggiano

Caporedattore di Termometro Sportivo e Termometro Quotidiano. Analista politico e politologo. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi di Salerno e con un master in analisi politica conseguito presso l'Universidad Complutense de Madrid (UCM).
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