Scissione Pd: e se Renzi si mettesse in proprio?
Scissione Pd: e se Renzi si mettesse in proprio?
L’esito del referendum costituzionale ha gettato il mondo politico italiano nel caos e, proprio in queste ore, il Presidente della Repubblica sta incontrando le 23 delegazioni parlamentari per trovare la soluzione ad una crisi di governo apertasi dopo le dimissioni annunciate dal premier uscente Matteo Renzi. Le posizioni dei principali partiti, pur con alcuni distinguo, sembrerebbero condurre dritti verso il voto anticiapato, magari già nel corso della prossima primavera. Tuttavia sul ritorno alle urne pesa, e non poco, l’incognita della decisione della Corte costituzionale che ha fissato per il prossimo 24 gennaio la data della sua sentenza sulla costituzionalità dell’Italicum.
Scissione Pd: e se Renzi si mettesse in proprio?
Una legge elettora “depurata”
Il problema comunque, anche qualora la Corte si pronunciasse per abrogare singole parti della legge elettorale, restituendo al Parlamento – come già avvenuto con il Porcellum trasformato in Consultellum – una legge elettorale “depurata” e quindi immediatamente applicabile rimarebbe aperto: sarebbe opportuno andare a votare con due leggi elettorali non solo diverse ma anche “filosoficamente” distanti (un proporzionale quasi puro ed un maggioritario) che molto probabilmente produrrebbero una sostanziale impossibilità di governare se non con accordi post elettorali?
La responsabilità del Pd
Difficile fare previsioni anche perché altrettanto difficile appare che i principali partiti trovino un accordo per modificare la legge elettorale in tempi brevi e trovando una formula che assicuri il giusto mix di rappresentatività e governabilità. Nel frattempo va ricordato che gran parte della responsabilità poggia oggi sulle spalle del PD, uscito a pezzi dalla contesa referendaria e all’interno del quale la resa dei conti è già cominciata.
In attesa del Congresso
Alcuni commentatori analizzando gli spostamenti delle varie correnti interne al partito sostengono addirittura che in questo momento Renzi sia diventato minoranza fra i deputati e senatori PD presenti in Parlamento e che dunque la sua leadership possa presto essere messa in discussione in un Congresso (forse anticipato) che si preannuncia infuocato. A questo punto sono in molti a chiedersi cosa aspetti il segretario di Rignano a lasciare il PD e a formare una nuova forza politica.
Una lista Renzi
Già in passato, all’indomani delle primarie fra Renzi e Bersani, perse dal giovane toscano, il premier dimissionario fu molto chiaro: “L’idea che ci possa essere alle elezioni una lista ‘Renzi’ e’ un’ipotesi che non esiste e che anzi non e’ mai arrivata sul mio tavolo. Non sono mai scappato con il pallone in mano”. Dopo le elezioni del febbraio 2013 aveva ribadito il concetto: “Cambiare partito? No. Sono rimasto nel Pd e con Bersani non solo perché sono leale alla Ditta, ma anche perché penso che per l’Italia sia utile avere due grandi partiti”.
Il corpo estraneo
E’ possibile che oggi questo schema sia cambiato e che il ragionamento di Renzi sia diverso: perché rimanere in un partito che lo ha sempre visto come un corpo estraneo e che finora lo ha malsopportato tentando di ostacolare alcuni importanti provvedimenti del suo esecutivo, da ultimo la riforma costituzionale? Una motivazione potrebbe essere la (ampia) base elettorale del PD che gli permetterebbe da subito di giocarsi le sue carte alle prossime elezioni politiche anche se un sondaggio condotto dall’Istituto Piepoli, recentemente pubblicato, evidenzia che se Matteo Renzi decidesse di fondare un nuovo soggetto politico di centro-sinistra ben il 33% degli elettori sarebbe disposto a votarlo.
Le tentazioni del premier
Un dato addirittura maggiore, se incrociato con le intenzioni di voto, rispetto a quanto prenderebbe se continuasse a guidare il PD (32,5%). D’altro canto è assai improbabile che Renzi lasci il partito soprattutto se la prospettiva di nuove elezioni rimarrà così prossima. Sarebbe infatti assai complicato fondare un nuovo partito, selezionarne la classe dirigente, stabilire programma di governo e sistema di alleanze in pochissimi mesi ed il rischio sarebbe quello di incrementare la frammentazione del centro-sinistra favorendo il M5S e le destre. Ma, come è noto, la politica a volta percorre dei sentieri imprevedibili e Renzi in queste ore viene descritto come molto combattuto sul suo futuro addirittura oscillante fra l’accettazione di un reincarico e la tentazione di prendersi un anno sabbatico.
Ma queste, forse, sono solo esagerazioni giornalistiche.
Marco Sabatini