Jobs Act al vaglio della Consulta, l’altra sfida del Pd di Renzi
Jobs Act al vaglio della Consulta, l’altra sfida del Pd di Renzi
Attesissimo l’avvento del 2017 e fari puntati sulla Corte Costituzionale. Due sono i giudizi della Consulta bramati da maggioranza e opposizione che saranno espressi a gennaio: quello sulla legge elettorale e quello sull’ammissibilità dei quesiti referendari riguardo al Jobs Act. Se il primo ha monopolizzato l’attenzione, soprattutto dopo il referendum fallimentare promosso dall’ex primo ministro Renzi e i suoi, non significa che il secondo sia meno importante. Soprattutto, non significa che anche il giudizio sul possibile (o possibili) referendum riguardante parti del Jobs Act non avrà un effetto boomerang sull’assetto politico italiano.
Jobs Act al vaglio della Consulta, l’altra sfida del Pd di Renzi
Il primo di luglio la CGIL depositava 3,3 milioni di firme per indire i referendum abrogativi di alcune parti del Jobs Act, la riforma del lavoro promossa dal governo Renzi e approvata, attraverso vari provvedimenti legislativi, tra il 2014 e il 2015. Tre i bersagli individuati dal sindacato: la cancellazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori; la liberalizzazione degli appalti; l’introduzione dei voucher.
La Corte Costituzionale si esprimerà l’11 gennaio e, se anche solo uno dei quesiti varcasse la soglia dell’ammissibilità, gli italiani sarebbero nuovamente chiamati alle urne. O no. Questo dipenderà non solo dal giudizio della Corte, ma anche dalla possibilità dell’indizione di elezioni politiche anticipate. Infatti, l’art. 34 della legge n. 352 del 1970, che reca le norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo , recita così: “Le consultazioni referendarie possono svolgersi soltanto in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno. Nel caso di scioglimento anticipato delle Camere o di una di esse, il referendum già indetto si intende automaticamente sospeso.”
Ed ecco, così, una nuova variabile da considerare per spiegare la futura posizione della maggioranza riguardo all’indizione di elezioni parlamentari anticipate. Infatti, il Jobs Act è, insieme alla riforma costituzionale bloccata lo scorso 4 dicembre, il pilastro su cui si è andato a costruire il riformismo renziano, a suon di polemiche, rotture, colpi di scena e questioni di fiducia varie. Dunque, è semplice capire come, laddove la Consulta decida di dare il via libera ad almeno uno dei quesiti referendari sulla riforma del lavoro, la posizione della maggioranza, o meglio della maggioranza del Partito Democratico, riguardo all’indizione di elezioni anticipate, sarà sempre più favorevole e strategica.
La possibile ricostruzione di un fronte del “no”, che catalizzi le stesse forze politiche contrarie alla riforma costituzionale, rappresenta una minaccia troppo rischiosa per Renzi e, soprattutto, per la sua carriera politica. Un nuovo fallimento potrebbe, per lui, rappresentare la fine. Avrebbe comunque delle ripercussioni negative anche sul Pd, sia da un punto di vista elettorale, sia da un punto di vista interno al partito stesso. Come spiega stamane un deputato democratico vicino a Renzi: “Se i quesiti passassero e non si andasse a votare a giugno il referendum sul Jobs act potrebbe essere un problema. Al di là del risultato, il rischio sarebbe quello di spaccare ulteriormente il Pd e la società”.
Un motivo in più, secondo la maggioranza Dem, per andare a votare. “Sicuramente i referendum sul Jobs Act – continua un altro parlamentare democratico – sarebbero ‘pericolosi’. Dopo il referendum costituzionale, sarebbe una campagna elettorale forse ancora più dura e potrebbe avere strascichi pesanti sulle successive elezioni politiche. Quindi, se fossero ammessi, o si sciolgono le Camere prima e si fanne le elezioni politiche a giugno, e così saltano i referendum, o si dovrebbero modificare le norme in Parlamento. Ma credo che si andrà a votare”.
Stamani si è espresso anche il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che si dichiara possibilista riguardo ad un intervento legislativo per modificare il Jobs Act, in particolare nella parte riguardante i voucher. Poletti ha anche ventilato l’ipotesi di un voto anticipato in questo caso. “Se si vota prima del referendum il problema non si pone. Ed è questo, con un governo che fa la legge elettorale e poi lascia il campo, lo scenario più probabile. Sulla data dell’esame della Consulta è tutto come previsto”.
Camilla Ferrandi