Speranza chi? La lunga serie di esternazioni contro i vertici Pd
Speranza chi? La lunga serie di esternazioni contro i vertici Pd
“Via i voucher o sfiducia”. Questa è solo l’ultima di una ormai lunga serie di esternazioni in contrasto con gli attuali vertici del PD che Roberto Speranza, ex capogruppo alla Camera dei democratici, ha inanellato negli ultimi mesi. Il “luissino”, nato a Potenza nel 1979, ha infatti recentemente scritto una lettera indirizzata al ministro del Lavoro Giuliano Poletti in cui gli suggerisce “caldamente” le prossime mosse da compiere in seguito all’uscita infelice sui giovani italiani all’estero che ha provocato le ire di molti e la presentazione di due mozioni di sfiducia nei confronti del titolare del dicastero.
Speranza chi? La lunga serie di esternazioni contro i vertici
Le parole di Speranza suonano come un avvertimento più che un consiglio: “Credo che un’esternazione errata possa capitare a tutti. E le scuse sono sicuramente un segno positivo di umiltà. Un ministro si può sfiduciare solo per una frase sbagliata? Alcuni pensano di sì. Io non ne sono convinto. Forse è solo propaganda. Ma quello di cui invece sono molto convinto è che il ministro del Lavoro non può continuare a non vedere che nel fiume di questa nuova precarietà stiamo perdendo un’intera generazione. E questo sì che varrebbe la sfiducia”. Il motivo di questo cambio di rotta non è più un segreto: lanciare il suo guanto di sfida al segretario ed ex premier Matteo Renzi, in una fase politica molto delicata che, con buone probabilità, riporterà gli italiani alle urne nel corso dei prossimi mesi.
Roberto Speranza, laureatosi in Scienze politiche presso la celebre Università privata di Roma “Luiss”, ha cominciato ad impegnarsi nell’attività politica sin da piccolo ed a soli 28 anni è già Presidente nazionale della Sinistra giovanile, movimento giovanile dei Democratici di Sinistra. Consigliere comunale con i DS a Potenza diventa poi assessore all’Urbanistica della sua città natale prima di essere eletto, alla fine del 2009, segretario regionale del PD della Basilicata.
Alle politiche del 2013 è eletto deputato e poco dopo diventa capogruppo alla Camera dei Deputati per il PD, carica che gli attribuisce una certa visibilità a livello nazionale. Il suo caratteristico aplomb viene meno solo durante le partite della sua squadra del cuore, la Roma, che segue con costanza e passione dagli spalti della tribuna Tevere.
Fra i suoi libri preferiti Cristo si è fermato a Eboli, Le città invisibili e Ragione e fede in dialogo di Habermas e (udite, udite) Josef Ratzinger. Sbirciando il suo profilo su Facebook si rintracciano anche gusti musicali non esattamente “convenzionali” come Vinicio Capossela, The Doors e Krikka Reggae. Il profilo politico dell’onorevole democratico, comunque, si è modificato sensibilmente negli ultimi mesi a tal punto che il deputato lucano da possibile mediatore fra l’ala renziana e quella bersaniana del partito è diventato uno dei leader (o aspiranti tali) della cosiddetta minoranza dem.
L’escalation è cominciata il 15 aprile scorso, quando Speranza decise di dimettersi da capogruppo, in dissenso con la decisione di Renzi di porre la questione di fiducia sull’approvazione dell’Italicum. Da quel momento in poi Speranza è passato, di fatto, all’opposizione interna del partito cominciando così a pungolare il governo Renzi su svariate questioni. In particolare ha assunto una particolare rilevanza la sua ferma opposizione al referendum costituzionale promosso dal governo e sonoramente bocciato dagli elettori italiani.
A tal proposito, scorrendo indietro nel tempo, stupisce rileggere alcune sue dichiarazioni in cui auspicava “il superamento del bicameralismo perfetto, la riduzione del numero dei parlamentari e una nuova legge elettorale”. Non il Mattarellum però. Infatti nel 2013 il deputato PD si schierò, insieme a molti altri membri del suo partito e dell’opposizione, contro la mozione firmata da Roberto Giachetti (poi bocciata) che voleva reintrodurre la legge elettorale già in vigore fra il 1994 ed il 2005. Oggi invece sembra averci ripensato: “Sul Mattarellum noi siamo d’accordo perché si riconsegna ai cittadini la possibilità di scegliere i deputati”.
Sorge quindi spontaneo il dubbio che l’obiettivo prioritario di Speranza sia quello di contendere la segreteria a Renzi: “Chi mi conosce sa bene che non sono una primadonna, ma credo che oggi il Pd debba cambiare profilo, non può essere un uomo solo al comando, deve ricostruire un collettivo e mettersi al servizio della riscrittura del centrosinistra. Voglio che il Pd cambi e torni in quei luoghi dove oggi sembra non riuscire più ad esserci: nelle periferie, nelle aree del disagio. È in questi luoghi che da subito partirò per un viaggio contro l’Italia”.
Attenzione però perché la sua candidatura rischia di spaccare la minoranza del partito ed in effetti sia Michele Emiliano sia Enrico Rossi, altri due papabili profili spendibili in funzione antirenziana, hanno immediatamente sollevato i loro dubbi sostenendo che è ancora presto per parlare di nomi e che sarebbe bene concentrarsi, almeno in questa fase, sui contenuti.
Ma quanto vale la candidatura di Speranza? Non molto a quanto pare perché secondo un sondaggio di Scenari Politici condotto per l’Huffington Post per il 38,5 per cento degli elettori PD nessuno dei possibili candidati anti-Renzi ha la credibilità per diventare la nuova guida del partito. E Speranza non riesce a rientrare neanche nella top 5. Nella speciale classifica il preferito rimane il presidente della Regione Toscana Rossi (14,8%), seguito da Emiliano (9,8%) e Massimo D’Alema (che non si candiderà) con il 9,3 per cento.
Prima dell’ex capogruppo, che raccoglie il 6,2% delle preferenze, figurano anche Nicola Zingaretti (8,1%) e Gianni Cuperlo (6,6%). Gli elettori democratici quindi non sembrano entusiasti e la sfida appare tutta in salita. Ma questo Speranza già lo sapeva perché, nel giorno della sua candidatura alla segreteria del partito, aveva dichiarato: “Sarò Davide contro Golia”. L’unica chance del giovane democratico è quella di aggregare consensi presentando un programma chiaro e soprattutto davvero alternativo a quello di Matteo Renzi. Il rischio, in caso contrario, è quello di finire per esser liquidato con un semplice: “Speranza chi?”
Per approfondimenti citofonare a Stefano Fassina.