Governo Gentiloni, Verdini rimane fuori da tutto
Alla fine Denis Verdini è rimasto fuori. Da tutto. Niente ministri, niente sottosegretari, nessuna nuova prebenda per un gruppo parlamentare – quello di Ala-Scelta Civica-Maie – che al Senato ha salvato spesso la maggioranza traballante. L’ex macellaio di Fivizzano era stato respinto una prima volta dal premier Gentiloni in occasione della presentazione dei Ministri. Ieri, la nuova delusione. E alla fine anche l’unico esponente “responsabile” dato per sicuro, Enrico Zanetti, si è detto “indisponibile per la riconferma”. Ora il gruppo guidato da Verdini è formalmente all’opposizione, anche se “responsabile”: “garantiremo il nostro appoggio sui provvedimenti che riterremo utili al Paese” ha ribadito ieri Zanetti. Il gruppo parlamentare manovrato dall’ex sherpa berlusconiano non ha votato la fiducia al nuovo governo Gentiloni né alla Camera né al Senato ma, assicura Zanetti, “non voteremo certo mozioni di sfiducia”.
Gentiloni-Verdini, la trattativa e lo strappo
La trattativa tra Verdini e Gentiloni è andata avanti per giorni dal momento in cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affidato all’ex Ministro degli Esteri l’incarico per formare il nuovo esecutivo. Le ipotesi sul tavolo erano due: o formare un governo “con tutti dentro” come aveva auspicato il premier uscente Renzi oppure optare per un “Renzi bis senza Renzi” per fare la legge elettorale e andare a votare il prima possibile. Alla fine è prevalsa la seconda opzione, con qualche avvicendamento nei ministeri. Ma Ala, la formazione politica di Verdini nata proprio per sostenere la maggioranza renziana al Senato, è rimasta tagliata fuori. “All’indomani della formazione del governo – ha rivelato ieri l’ormai ex viceministro dell’economia Zanetti – i nostri gruppi parlamentari avevano chiesto al Presidente Gentiloni un chiarimento politico sulla nostra piena partecipazione alla maggioranza di governo. Abbiamo atteso pazientemente in queste settimane, ma nessun chiarimento politico è arrivato”. Alla fine il Consiglio dei Ministri di stamani non toccherà neppure la vecchia formazione di viceministri e sottosegretari.
Il gruppo Ala (Alleanza Liberalpopolare Autonomie) è nato circa un anno e mezzo fa dallo strappo con Forza Italia che ha portato alcuni transfughi berlusconiani a seguire Verdini nel suo continuo avvicinamento al governo Renzi. L’obiettivo del gruppo era proprio quello di fare da cuscinetto alla maggioranza al Senato per “portare a termine la legislatura costituente”. Poi, Ala ha imbarcato anche quel che rimane della vecchia Scelta Civica montiana così da poter disporre di 16 deputati e 18 senatori nei due rami del Parlamento. Ed è proprio a Palazzo Madama che l’apporto del gruppo verdiniano è stato spesso decisivo per “salvare” la maggioranza.
#sottosegretari: leggo di essere tra coloro che potrebbero essere nominati. Grato a chi mi pensa rispondo: non sono interessato!
— Saverio Romano (@SaverioRomano) December 27, 2016
La scelta di non aprire la porta ai verdiniani da parte della coppia Renzi-Gentiloni si può spiegare in due modi: da un lato, il nuovo atteggiamento costruttivo di Forza Italia che ha già fatto sentire il suo appoggio al governo con il voto favorevole di una settimana fa sul decreto “salva-risparmio”; dall’altro, la strategia tutta renziana di andare a votare il prima possibile senza logorarsi al governo con esponenti politici – da Verdini a Saverio Romano, tutti ex berlusconiani – che l’elettorato PD farebbe fatica a digerire. E anche da questo dettaglio si intuisce sempre di più cosa significhi l’appellativo “a termine” riferito al governo Gentiloni.