Renzi: i problemi della minoranza Pd
Renzi: i problemi della minoranza Pd
Il 2016 si è chiuso con la sconfitta di Matteo Renzi e il fallimento della riforma costituzionale, bocciata nel referendum di inizio dicembre. L’esito delle urne, le dimissioni del Presidente del Consiglio e l’Assemblea Nazionale del partito hanno aperto ufficialmente la stagione congressuale con l’annuncio della candidatura di Roberto Speranza, che si aggiunge a quella di Enrico Rossi, entrambi pronti a sfidare Renzi per la leadership democratica, senza poter escludere altri nomi in uscita nei prossimi mesi. Nonostante il clima di esultanza e revanscismo che ha pervaso tutte le correnti della minoranza PD all’indomani della bocciatura della riforma, pronte a “saltare alla gola” del leader azzoppato, è probabile che il cammino verso la riconquista del Partito presenti molte più difficoltà del previsto.
Renzi: i problemi della minoranza Pd
I referenti dei gruppi di minoranza hanno giocato una partita molto rischiosa nello schierarsi pubblicamente contro la riforma costituzionale, esponendosi ad accuse di scarsa coerenza e di tatticismo mirato esclusivamente ad indebolire Renzi.
Infatti pesa come un macigno la differenza tra il voto parlamentare della minoranza (favorevole alla riforma) e la posizione di dura opposizione assunta nella fase referendaria, aggravata dalla motivazione (le mancate modifiche all’Italicum), poco convincente in origine e resa ancor più debole dal tavolo di lavoro sulle modifiche alla legge elettorale al quale ha partecipato il solo Cuperlo mentre gli altri (Speranza e Bersani), giocando d’anticipo, annunciavano la definitiva opposizione alla riforma.
Sempre a proposito di coerenza, sposando la causa del No, la minoranza ha anche praticamente sconfessato la lunga battaglia per le modifiche dell’assetto costituzionale, che ha sempre visto il centrosinistra in prima linea e implicitamente, come ricordato dallo stesso Renzi, messo la parola fine alla “vocazione maggioritaria” del PD. Questi equilibrismi politici sul filo della coerenza rischiano di pesare non poco sull’elettorato di centrosinistra, già abitualmente portato alla critica feroce verso i propri dirigenti e dotato di memoria migliore rispetto a quello degli avversari tradizionali, più incline a perdonare le contraddizioni più clamorose.
Oltre al difetto di coerenza, la minoranza ha anche un problema di numeri, in particolare quelli che emergono dall’analisi dei flussi sul voto referendario e i sondaggi sul gradimento dei candidati alla segreteria. Dall’incrocio dei dati emerge chiaramente come la maggioranza dell’elettorato PD abbia comunque sostenuto la riforma e continui a preferire la leadership di Renzi a quella dei principali e possibili avversari che, secondo una tradizione consolidata, si presentano a sfidarlo divisi, spezzettando il fronte anti-renziano del partito su più candidature e dunque favorendo indirettamente lo stesso Renzi.
Un altro elemento che rischia di rendere assai ardua la partita per la segreteria è la probabile virata a sinistra dell’ex Presidente del Consiglio che sembra intenzionato a riconquistare quelle sezioni dell’elettorato tradizionalmente vicine al centrosinistra che hanno avversato alcune politiche del suo governo. Se Renzi davvero decidesse di seguire un simile percorso toglierebbe molti argomenti all’opposizione interna che proprio sui concetti di “sinistra” e socialismo (in particolare Enrico Rossi) tenta di costruire l’alternativa al renzismo.
In conclusione, a meno che tutte le correnti di minoranza non decidano improvvisamente di convergere su un’unica candidatura per la segreteria da opporre a Matteo Renzi, difficilmente riusciranno a scalzarlo dal vertice del partito, soprattutto se continueranno a mantenere lo scontro fuori dal partito (in Parlamento e in televisione), esponendosi sempre più alle accuse di opportunismo e protagonismo che arrivano dalla maggioranza. Nei prossimi mesi sarà quindi il ritorno sulla scena politica del segretario a dare finalmente il via alla nuova fase, con la spada di Damocle delle elezioni a condizionare le strategie dei vari contendenti e scopriremo quale futuro attende il PD.
Andrea Balossino