Economia Italia: lo schiaffo della fusione Luxottica-Essilor
Economia Italia: lo schiaffo della fusione Luxottica-Essilor
Tra domenica e lunedì faceva capolino sui mercati una news che nel settore dell’ottica non ha precedenti: la fusione tra Luxottica e la francese Essilor. Confermata prima dell’apertura dei mercati dalle società coinvolte, il connubio tra il re dell’occhialeria italiano e il leader nelle lenti francese vale 50 miliardi di euro. “E’ un sogno che si realizza dopo cinquant’anni d’attesa” commenta subito Leonardo Del Vecchio, fondatore e presidente di Luxottica. L’unione porterà alla nascita di “un player globale integrato”, con una presenza in più di 150 paesi e 140mila collaboratori, per un totale di 15 miliardi di ricavi, 3 miliardi e mezzo di margine operativo netto e la prospettiva di sinergie di ricavi e costi per un ammontare di circa 500 milioni. Un colosso, il cui potenziale è stato subito premiato dalla Borsa, con un +8% per Luxottica e +14% per Essilor nella giornata di ieri.
Economia Italia: lo schiaffo della fusione Luxottica-Essilor
«I tempi maturano – racconta Del Vecchio intervistato oggi dal Corriere della Sera – e anche la concorrenza evolve. Chi fa parte del mercato guarda le azioni degli altri. Da un anno Luxottica aveva iniziato a investire nella produzione delle lenti e questo ha spinto Essilor a pensare con maggior profondità a un accordo che – lo sapevamo da quattro anni – era nell’interesse di entrambi. Questa volta c’era veramente la volontà di unire idee e produzioni”.
Ma, al di la intenzioni di Del Vecchio, un dato di fatto balza subito all’occhio: un’altra azienda italiana, dopo il caso Mediaset – Vivendi, finisce sotto il capello della Francia. E da ieri la stampa francese impazza, echeggiando toni di conquista: “nascerà una società di diritto francese, quotata a Parigi e con sede a Chareton, nella Val de Marne”, scrive Le Monde, mentre Les Echos punta il dito su Del Vecchio, simbolo del “capitalismo italiano e dei suoi problemi”. Ma il padron Luxottica scongiura subito il pericolo di colonizzazione francese.
All’asserzione “insomma, avete venduto anche voi ai francesi” ribatte: “Assolutamente no. Capisco che il meccanismo dell’operazione non sia di immediata comprensione, ma il risultato è molto chiaro e semplice. Il nostro obiettivo è costituire un gruppo pienamente integrato dalla materia prima all’occhiale completo, e coprire in maniera integrata tutti i canali dal wholesale al retail fino all’e-commerce. Abbiamo quindi deciso di diluire la nostra partecipazione in un’entità molto più grande, rimanendo comunque di gran lunga il principale azionista”.
E tranquillizza: “Il mondo di Luxottica rimarrà sempre saldamente italiano con la testa a Milano e il cuore nelle montagne bellunesi”. Da un punto di vista tecnico, queste le conseguenze della fusione: EssilorLuxottica diventerà una holding company quotata a Parigi con una capitalizzazione di circa 50 miliardi di euro. Le due società operative rimarranno indipendenti: Delfin, holding lussemburghese della famiglia Del Vecchio, sarà il primo socio, con una quota compresa tra il 31 e il 38% (fino alla fusione Del Vecchio controllava il 66% del capitale del gruppo); l’imprenditore milanese assumerà la carica di presidente esecutivo e amministratore delegato di EssilorLuxottica.
Hubert Sagnières, il numero uno di Essilor, sarà vice presidente esecutivo e vice amministratore delegato, ma con i medesimi poteri del presidente esecutivo e amministratore delegato; nel consiglio di amministrazione, Delfin ed Essilor avranno lo stesso numero di rappresentanti, 8 e 8. Ed è proprio questa situazione di totale equilibrio a preoccupare i nemici della fusione: una volta che Del Vecchio uscirà di scena, Sagnières sarà il diretto successore, visto anche che la quota di Del Vecchio sarà da dividere tra i suoi sei figli. Tutte osservazioni che accreditano le posizioni di molti giornalisti e analisti: un nuovo schiaffo al made in Italy.
Camilla Ferrandi