Renzi si dimette da segretario: congresso Pd subito ed elezioni a giugno
Renzi si dimette da segretario: congresso Pd subito ed elezioni a giugno
Voto in tempi brevi e Congresso. Sembra essere questa la nuova agenda politica di Matteo Renzi, che domani dovrà affrontare una delle più importanti direzioni nazionali da quando ha scalato il PD. L’ex Sindaco di Firenze non vuole finire nella morsa degli “attendisti” e farsi logorare fino al febbraio 2018. Così, a questo punto, l’unica mossa è quella di sparigliare: dimettersi da segretario per aprire una breve fase congressuale e andare alle urne il prima possibile, a giugno o a settembre.
Renzi si dimette da segretario: congresso Pd subito ed elezioni a giugno
Secondo indiscrezioni dei principali quotidiani italiani, Matteo Renzi sembra aver deciso: durante la prossima direzione Pd del 13 febbraio rimetterà il suo mandato da segretario nelle mani del partito. “Io non sono attaccato alla sedia”, dirà domani l’ex premier secondo quanto riporta Repubblica, “dal momento che me lo chiedete ecco le mie dimissioni da segretario”. E nel pronunciare il discorso Renzi si rivolgerà sopratutto alla minoranza interna – Bersani, Cuperlo, Speranza, Emiliano, Rossi – che chiede da tempo un congresso anticipato e questo può succedere solo con le dimissioni del segretario in carica. Ma anche ad altri esponenti dem e a parte del suo staff, che ne chiedono le dimissioni dopo la batosta batosta elettorale del 4 dicembre.
Renzi si dimette da segretario: la tattica dell’ex premier
Secondo molti esponenti dem la tattica del segretario è chiara: aprire una fase congressuale con primarie a fine aprile per battere la minoranza interna e andare a elezioni a fine giugno. A tracciare un quadro più dettagliato è la Stampa: la scelta congressuale potrebbe portare gli altri candidati della sinistra dem (Emiliano, Speranza, Rossi) a contestare il congresso, considerandolo una farsa e un plebiscito, e di conseguenza a ritirarsi. A quel punto la scissione sarebbe inevitabile: tutto questo provocherebbe la caduta del governo Gentiloni e il restyling del pd in senso più centrista, con una nuova opzione di sinistra in campo. Insomma, ci vediamo alle elezioni a giugno e che vinca il migliore.
“Se passa la linea del congresso lampo il Pd non sarà più recuperabile” dice Roberto Speranza al Corriere della Sera, sottolineando che non è interesse del Paese tenere le elezioni tra 4 mesi. Senza contare che la scissione indebolirebbe entrambi, favorendo non solo pentastellati e “sovranisti” ma anche il partito del non voto, che ogni giorno si ingrossa sempre di più.
Renzi si dimette da segretario: i rapporti di forza interni al Pd
Sempre secondo la Stampa, Renzi in direzione metterà i parlamentari di fronte al fatto compiuto: “ditemi se vogliamo fare la legge elettorale o andare al congresso subito”. La scommessa dell’ex premier è quella di dimostrare al Paese e alle istituzioni che il Parlamento non riesce a portare a casa una nuova legge elettorale. “Se non ci riusciamo ora perché dovremmo riuscirci tra sei mesi?” dice il fedelissimo David Ermini.
Rimane da vedere quali siano i rapporti di forza all’interno del Pd: sulla legge elettorale e sui tempi del congresso la partita rimane aperta; per Repubblica tutta la sinistra dem e 41 senatori di altre correnti non vogliono sfiduciare Gentiloni, mentre Franceschini e la sua corrente sono per cambiare la legge elettorale verso il premio alla coalizione. Anche la minoranza non l’ha presa bene: Miguel Gotor ha riferito alla Stampa che “se Renzi insistesse per il voto a giugno sarebbe un irresponsabile e la scissione diventerebbe possibile”. Inoltre da qualche giorno si vocifera di una certa insoddisfazione del ministro della Giustizia Andrea Orlando: fedelissimi gli hanno riferito che in caso di scissione anche il guardasigilli potrebbe seguire gli ex compagni diessini.
Renzi si dimette da segretario: la manovra e l’Europa
Sul piatto anche la manovra aggiuntiva di 3,4 miliardi di euro chiesta dall’Ue all’Italia: secondo l’Ansa, l’ex premier durante una telefonata con il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, si sarebbe sfogato: “Non possiamo passare per quelli che alzano le tasse” gli ha ripetuto più volte. In direzione Pd così è stato invitato anche lo stesso ministro, pur non essendo iscritto al partito, per chiarire tre questioni: la stessa manovra, che Renzi vuole rimandare; le tasse sulle accise dei carburanti, da non aumentare; l’Europa da “sfinire con una trattativa infinita”.
Renzi si dimette da segretario: le alleanze post voto
E le alleanze? Secondo il Corriere subito dopo il voto si formerebbe una coalizione di governo tra Pd e Forza Italia, vista anche la difficoltà del partito di Alfano (NCD) di superare la soglia di sbarramento. Più volte anche lo stesso Renzi si è detto disposto a formare un governo con l’ex Cavaliere. Sempre secondo il quotidiano milanese Renzi sarebbe contrario a una legge elettorale che premia le coalizioni: ognuno misura la sua forza in modo autonomo e poi si tratta per un governo. Secondo il premier Paolo Gentiloni sarebbe difficile formare un governo con Berlusconi, visto che quasi sicuramente l’ex cavaliere condurrà una campagna elettorale in compagnia di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Insomma, secondo Gentiloni il rischio è quello di “finire come la Spagna”, a rischio ingovernabilità.