Francia: oltre Destra e Sinistra, la Strana Alleanza degli Intellettuali no-global
Francia: oltre Destra e Sinistra, la Strana Alleanza degli Intellettuali no-global
Nel pieno dell’era della “post-verità” ci mancava il cortocircuito ideologico a togliere punti di riferimento. Così il mantra “Destra e Sinistra sono categorie superate” non esce solo dalla bocca di Marine Le Pen, Giovanna D’Arco dell’armata populista che si aggira per l’Europa, ma anche e soprattutto dalla penna degli intellettuali. Perfino di quelli che, trent’anni fa, se le sarebbero data di santa ragione (non solo metaforicamente).
Oggi, mentre il Washington Consensus è solo un pallido ricordo, impazza la Moscow-mania, da Donald Trump, arrivato persino a rimettere in discussione la superiorità morale dell’Occidente (“Il regime di Vladimir Putin uccide i giornalisti? Noi americani non facciamo di meglio”) ai lepenisti al di qua dell’oceano. Nel mondo sopravvissuto al Secolo Breve, il liberalismo di matrice anglosassone era la stella polare per l’uscita dal tunnel della Guerra Fredda ed esorcizzare il pericolo comunista. Negli anni più recenti, i fautori dell’Europa delle Nazioni guardano ad un ex agente del Kgb per emanciparsi dalla tecnocrazia e dal cosmopolitismo politico ed economico.
Francia: oltre Destra e Sinistra, la Strana Alleanza degli Intellettuali no-global
La Globalizzazione, denunciano costoro, si serve di una «Sovrastruttura» per la quale alcuni intellettuali francesi hanno adottato l’espressione Droitdelhommisme, ovvero il «moloch» del rispetto dei Diritti Umani che oltrepassa le frontiere nazionali, abbatte le barriere alla libera circolazione degli individui e favorisce l’incontro tra culture diverse per mezzo delle migrazioni internazionali. Un nobile ideale scolpito nella tradizione liberal-democratica euro-atlantica, che tuttavia, si sostiene, altro non è che soft power per legittimare e edulcorare un’economia de-materializzata e de-regolamentata.
La polemica di scrittori e pensatori contro le “derive” dell’internazionalismo liberale ha una paternità multipla, e per l’appunto il caso francese – accantonando per un istante gli strali del nostro Diego Fusaro – è a dir poco emblematico.
In principio fu il giornalista Eric Zemmour, fustigatore del multiculturalismo e teorico della “Femminizzazione della società”, poi è stato il turno del filosofo Michel Onfray, fondatore dell’Università Popolare di Caen, che non escludeva (al pari dell’economista Jacques Sapir) un’inedita alleanza tra Marine Le Pen e la sinistra anticapitalista in chiave anti-Euro. Nel suo ultimo libro “Décadence”, Onfray celebra la fine della civiltà occidentale, scrive l’epitaffio della tradizione giudaico-cristiana e riesuma le tesi di Samuel Huntington e del suo “Choc delle civiltà”. Con uno sconfitto a tavolino, però: l’(ex?) “Mondo Libero” schiavo del liberismo e obnubilato dal consumismo.
Quello tra l’ultra-conservatore Zemmour e il «marxista libertario» Onfray non l’unico esempio di Union Sacrée contro la modernità capitalistica (e individualista). Così anche Alain de Benoist, ideologo della “Nuova Destra”, e il filosofo post-comunista Jean-Claude Michéa si inseriscono nella dinamica di avvicinamento degli “estremi” e nella sentenza di morte della dicotomia Destra-Sinistra. Quest’ultima, in particolare, è indicata come principale responsabile dell’affrancamento delle classi popolari (il “Popolo old-school” definito da Onfray).
Il “tradimento” della Sinistra francese comincerebbe con la svolta liberale di François Mitterand nel 1983 e troverebbe il suo apice nel quinquennio di François Hollande, un tempo “Nemico della Finanza” – stando al famoso discorso del Bourget che ne aveva sospinto la candidatura – convertitosi al social-liberalismo, esemplare di sinistra OGM che per le Presidenziali 2017 schiererà l’Enfant Prodige made in Rothschild Emmanuel Macron.
Nel mezzo, il celebre rapporto della fondazione filo-PS Terra Nova, intitolato “Quale maggioranza elettorale per le [Elezioni] del 2012?”: “Come dappertutto in Europa e in Nord America, l’elettorato di sinistra è in mutazione. La coalizione storica basata sulla classe operaia è in declino. Una nuova coalizione emerge: la Francia di domani, più giovane, più diversa, più femminizzata”. È l’apoteosi della Sinistra che “si emancipa” dal movimento operaio, denunciano gli intellettuali anti-moderni; la “Francia di sotto” è ormai attratta dalla sirena Le Pen, mentre i progressisti diventano liberal e sposano la causa dei cosiddetti “nuovi francesi”, delle minoranze etniche, sessuali e religiose.
De Benoist cita proprio Michéa nella prefazione al suo nuovo libro “Il momento populista. Destra-Sinistra, è finita!” (Edizioni Pierre Guillaume De Roux): “Non è tanto nel buio intellettuale di una parte delle classi popolari (o nel loro deficit di istruzione) che vanno cercate le vere ragioni della progressione dell’estrema destra. Piuttosto, al contrario, è nella reazione indignata di queste classi nei confronti di un movimento politico e intellettuale che, in nome della “scienza”, del “progresso” e dell’evoluzione naturale dei costumi, si propone di distruggere (…) l’insieme delle virtù e delle tradizioni morali alle quali sono attaccate, a cominciare (…) dalla fede religiosa e dal patriottismo”.
Michéa, da par suo, sosteneva in tempi non sospetti che il capitalismo trova un “Alibi ideologico di primo piano nella lotta contro il razzismo, l’antimodernismo e l’omofobia (…) La vera posizione della Sinistra (…) resta quella di una vecchia groupie di Bernard Tapie (il controverso tycoon introdotto in politica da Mitterand, ndr) ed Edouard Balladur (ex candidato presidente per la destra) come Christiane Taubira”, quest’ultima ex guardasigilli di Hollande e “madrina” della legge sul matrimonio gay. Un incontro che il filosofo “celebra” nell’ultimo pamphlet “Il nostro nemico il Capitale” (Flammarion), evocando “L’alleanza tra le pagine economiche del [conservatore] Figaro e le rubriche arcobaleno [del progressista] Libération”.
Con una Destra “avvelenata dal liberismo” (come scriveva la rivista Éléments, di cui de Benoist è firma di punta) e una Sinistra compromessa col Capitale e ormai devota alle minoranze, il risultato è l’affermazione di un “Una società iniqua e in preda a tensioni identitarie (…) Questo smottamento, disastroso per le classi popolari, ha provocato un caos sociale e culturale senza precedenti”, scrive il geografo Christophe Guilluy nel recente “Il Crepuscolo della Francia di sopra” (Flammarion), nel quale identifica una “Nuova borghesia che vive nelle metropoli e ha appoggiato tutte le scelte economiche della classe dominante da 30 anni a questa parte”. Scelte all’origine della “secessio plebis” sentenziata da de Benoist, quella di un blocco sociale organico che riunisce, tra gli altri, il mondo rurale, operaio, periferico: una maggioranza silenziosa composta dai lavoratori dimenticati dai socialisti e i presunti ploucs (“cafoni”) di provincia che hanno voltato le spalle a Nicolas Sarkozy. Con sentiti ringraziamenti di Marine Le Pen.
Nella Santa Alleanza contro il mercato globale e “l’ideologia dei diritti civili”, si ritrovano dunque fianco a fianco marxisti apocrifi alla Onfray-Michéa (“E se invece della Teoria di Genere a scuola si insegnasse a leggere, scrivere e contare?”), invisi ai progressisti “New School”, ed ex taumaturghi della destra radicale anni ‘70 come Alain de Benoist, rivitalizzati dalla vague contro le élite, fautori di un comunitarismo ancestrale e nuovi adepti delle teorie sulla Decrescita. Il dilemma, in vista del voto di aprile-maggio, è se avranno più peso i temi economici – con la star keynesiana Thomas Piketty nuovo braccio destro del candidato socialista Benoît Hamon – o le questioni identitarie, agitate dai pensatori altermondialisti e «Neo-Reazionari».