Partiti euroscettici: ecco come hanno svuotato le casse di Strasburgo
Partiti euroscettici: ecco come hanno svuotato le casse di Strasburgo
Fa scalpore l’inchiesta riguardo una serie di truffe ai danni delle casse del Parlamento europeo. Nel mirino numerosi esponenti dei partiti populisti europei. Procediamo con ordine. L’ex presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, durante il suo mandato, ha inasprito le verifiche e le indagini in merito alla correttezza dei bilanci dei gruppi politici a Strasburgo.
Questa attività di monitoraggio ha portato alla luce una vasta schiera di europarlamentari che hanno abusato sistematicamente dei soldi della Ue. Minimo comun denominatore degli “euro-furbetti”? Sono tutti appartenenti a partiti populisti in ascesa nel panorama europeo.
E, conseguentemente, viste le tendenze dei populismi del nostro continente, euroscettici. A questo si aggiunge la modalità di azione ai danni dell’Unione Europea, analoga per tutti i coinvolti. Assunzione, con soldi europei, di collaboratori impiegati in patria per lavorare al partito.
Ad aggravare la situazione il fatto che tali frodi siano organizzate a livello centrale. Non sono, cioè, i singoli europarlamentari ad abusare dei fondi europei, ma i partiti europei che si trovano a Strasburgo. Tra questi, il Front National di Marine Le Pen, l’Ukip di Nigel Farage e il partito Diritto e giustizia del polacco Jaroslaw Kaczynski. Tre delle forze anti-europeiste più importanti sul continente.
Partiti euroscettici: ecco come hanno svuotato le casse di Strasburgo
Aveva già fatto scalpore l’indagine sul Front National. Da questa era emerso che numerosi assistenti della candidata all’Eliseo venivano pagati con soldi europei. Ora la forza politica che vuole portare la Francia fuori dall’Europa è al centro di un nuovo caso. Le autorità europee e transalpine indagano sui contratti degli assistenti di altri esponenti FN come Louis Aliot, compagno di Marine Le Pen, Florian Philippot, braccio destro della leader, Jean-Marie Le Pen, padre di Marine e fondatore del Front National.
Per quanto riguarda il Regno Unito, è l’Ukip di Nigel Farage ad essere coinvolto nello scandalo. Pena già sentenziata dall’Unione Europea: un milione di euro da restituire al Parlamento Ue, ammontati sia per i contratti di una serie di assistenti, tra cui la moglie di Farage, che lavoravano per il partito in UK pur essendo stipendiati da Strasburgo, sia per finanziare la campagna del referendum sulla Brexit.
In quest’ultimo caso, Ukip aveva avuto accesso ai fondi europei segnalandoli come finanziamenti per sostenere la politica europea del partito. Diversamente da quanto stabilito, i fondi sono stati utilizzati per la campagna referendaria antieuropeista condotta da Ukip. Una beffa ancora più consistente per l’Unione europea.
Infine, il caso Jaroslaw Kaczynski, presidente del partito governativo Diritto e Giustizia. Ha assunto, come badante della madre, Bozena Mieszka-Stefanowska, assistente del deputato Tomasz Poreba e pagata da Strasburgo.
Partiti euroscettici: scandalo rimborsi, i casi italiani
L’Italia non rimane esente dallo scandalo, anche se, a differenza dei casi succitati, gli abusi ai danni dell’Ue emersi non sono da imputare ai partiti, ma a singoli europarlamentari, spalmati su tre diverse legislature.
Tra questi, l’eurodeputata Forza Italia Lara Comi. Ha assunto la madre, nel biennio 2009/2010, come assistente parlamentare, violando le regole europee che vietano l’assunzione di parenti. “Per non incappare in guai più seri – scrive Repubblica – Comi, a fine 2015, ha accettato di restituire l’importo alle casse di Strasburgo”. Si tratta di 126mila euro.
Al centro di un’inchiesta ancora in corso anche due eurodeputate del Movimento 5 Stelle: Daniela Aiuto e Laura Agea. La prima è nel mirino per avere chiesto il rimborso, diverse migliaia di euro, per una mezza dozzina di ricerche che le sarebbero dovute servire per svolgere il mandato europeo ma che, in realtà, sono state copiate da siti come Wikipedia.
Sulla seconda, invece, si indaga perché, in linea con gli altri “euro-furbetti”, si sospetta che l’assistente da lei assunto si occupi di seguirla nell’ambito della politica locale e non europea.
Infine, c’è un’ombra su Antonio Panzeri, fuoriuscito nei giorni scorsi dal Pd per aderire al neo Mdp, che “dovrebbe restituire 83mila euro per viaggi giudicati non idonei al rimborso e alcuni finanziamenti del Parlamento alla sua associazione, ‘Milano più Europa’”.
Lo stesso, di fronte alla richiesta di risarcimento del Parlamento di Strasburgo, ha fatto ricorso alla Corte di giustizia europea.