Marco Damilano: Processo al nuovo in libreria, la recensione
Marco Damilano: Processo al nuovo in libreria, la recensione
Nuovi partiti. Nuovi leader. Nuove formule politiche. Scissioni e ricomposizioni. Nuove leggi elettorali, contro vecchi mostri dai nomi animaleschi. L’Italia sembra in questi anni sperimentare la costante necessità della ricerca del “Nuovo”. In un continuo turbinio di cambiamenti e nuove proposte politiche. Una ricerca che i cittadini italiani vivono e hanno vissuto con l’emersione di uomini politici che si sono fatti “paladini della novità”. Uno su tutti, Matteo Renzi.
Marco Damilano: Processo al nuovo in libreria, la recensione
Ed è proprio dei “paladini della novità”, degli alfieri del “nuovismo”, che Marco Damilano, giornalista, vicedirettore del settimanale l’Espresso, parla nel suo nuovo saggio. Il titolo, severo nel suo genere, chiarisce sin da subito lo scopo dell’autore: Processo al Nuovo.
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Un’inquisitoria. Un’analisi critica del “Nuovismo”, dunque, con premessa iniziale:
“Il nuovo nella politica è stato sempre affermato a parole e negato nei comportamenti. Ѐ stato un fantasma, un convitato di pietra. Il Nuovo non c’era. E responsabili della sconfitta sono i suoi sostenitori cinici, incoerenti e fragili”.
Il lavoro di Damilano si può considerare come una fenomenologia storica del Nuovo nella politica italiana. Renzi, Grillo, Salvini, per lui sono solo le ultime espressioni di questa ricerca della novità in politica. Prima di loro, ci sono stati e ci furono molti altri nomi illustri che, a loro volta, inneggiarono al “Nuovo” e combatterono battaglie contro il “Vecchio” della politica, della burocrazia, della partitocrazia. “Il futuro è già passato e non ce ne siamo accorti”, diceva Vittorio Gassman nelle vesti di Giorgio Perego nel film di Ettore Scola C’eravamo tanto amati. E Damilano lo cita puntualmente.
In Processo al Nuovo, la penna dell’autore si addentra infatti nei meandri del passato della politica italiana, riscoprendo vecchi leader, vecchi uomini, un tempo “nuovi”. Ed ecco dunque Bruno Zaccagnini, “l’onesto Zac”, ex partigiano, figura integerrima e tra i fondatori della Democrazia cristiana. Nel 1976, Zaccagnini fu scelto come guida della “Grande balena bianca” con l’evocativo slogan elettorale “La nuova DC è già cominciata”.
Erano questi, per l’appunto, i tempi dell’assoluto predominio dei partiti sulla società. Come attesta Damilano:
“Non esiste una politica possibile al di fuori dei partiti”. Ecco quindi le formule de “il progresso senza avventure”, della “novità nella tradizione”.
Un rinnovamento ed un Nuovo possibili solo nell’immutabile costanza delle formazioni partitiche. Poi venne Craxi, “giovane leone, ambiziosissimo”, primo predicatore delle “riforme istituzionali”. Craxi si lanciò contro quelli che lui stesso definiva i “bizantinismi e i tatticismi in cui si arrotolano esponenti politici”. Il segretario socialista si fa promotore di una “Grande riforma”; una riforma in senso presidenzialista dello Stato. Contro “l’immobilismo”. Contro il “piagnisteo nazionale dell’emergenza”. Lui, il segretario dei “congressi-spettacolo” studiati dall’architetto Filippo Panseca, della “Milano da bere”, pare legato inesorabilmente alla figura dell’altro “grande riformatore” dei nostri tempi: Matteo Renzi.
Marco Damilano: Processo al nuovo in libreria, la recensione
Un destino in parte comune quello di Renzi e Craxi. Entrambi sconfessati da un referendum; quello costituzionale del 4 dicembre 2016 per il primo; il referendum sulla legge elettorale del 1991, promosso dai comitati del democristiano Mario Segni, per il secondo. In quell’occasione, Craxi aveva invitato tutti ad “andare al mare”, nella speranza di non raggiungere il quorum. Alla fine venne raggiunto, consegnando la vittoria ai sostenitori della preferenza unica. Il tutto con un’inversione di ruoli. Craxi nei panni del grande sostenitore del proporzionale e gli uomini di Segni come i grandi rinnovatori.
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Sotto la lente di Damilano, poi, passano i due grandi innovatori del Partito comunista, Enrico Berlinguer, l’uomo della questione morale, l’uomo dell’ “eurocomunismo”, e ovviamente Achille Occhetto, il segretario della “Svolta della Bolognina”, del Pci che diventa Pds, il Partito democratico della sinistra. Occhetto l’aveva annunciato come “Un nuovo partito per la sinistra” nella relazione al comitato centrale del novembre 1989.
Con lui, nuovi volti, come quello di un giovane Walter Veltroni, addetto alla comunicazione del nuovo partito. Lui, l’uomo dei congressi “con le musiche e le immagini di Sting e De Gregori”, sarebbe stato, nel 2007 il padre del nuovo Partito Democratico. Il Vecchio, dunque, che ritorna e si ripropone come Nuovo.
Damilano passa al setaccio gli anni di Tangentopoli. Il crollo dei partiti e i nuovi leader come Marco Pannella ed Umberto Bossi, contestatori del sistema e pionieri dell’anti-politica.
Uno sguardo, quello del vicedirettore de L’Espresso, che si cala poi nel ventennio Berlusconiano, con il “partito-azienda” o il “non-partito” Forza Italia. Lui, Berlusconi, l’amico di Craxi, il “vecchio travestito da nuovo” si è fatto strada fra le macerie della Prima Repubblica.
Spazio anche per D’Alema, adesso grande oppositore di Renzi, ma scopritore, a suo tempo, degli spin-doctor Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi, oggi entrambi curatori della campagna referendaria dell’attuale segretario del Pd. Poi Mario Monti, il Vecchio tecnico che si traveste da uomo Nuovo della politica nel tentativo di salvare l’Italia dalla crisi economica. Largo poi alla figura di Beppe Grillo e alla sua nuova anti-politica, mentre avviene l’ascesa del rottamatore di Firenze Matteo Renzi che, dopo essersi smarcato dalle Leopolde con il coetaneo Pippo Civati, scala la politica italiana.
Il tutto per arrivare alla grande riforma costituzionale renziana e al referendum, ritratto come l’epico scontro fra i sostenitori del rinnovamento e quelli della conservazione. Il Nuovo contro il Vecchio, ancora una volta. Un Nuovo che pare essersi sgonfiato dopo la sconfitta di quel 4 dicembre, sconfessato dal voto popolare.
In questo libro, Marco Damilano dà le coordinate storico-politiche per poter effettivamente capire questa, come tante altre storiche sconfitte dei paladini del Nuovo nella politica italiana. Degli uomini, questi ultimi, spesso “clamorosamente inadeguati alle sfide”.
Federico Gonzato