Guai grossi per Renzi: si allarga la fronda per un Senato elettivo
La battaglia sulla riforma del Senato si annuncia pesante e piena di insidie per il governo guidato da Matteo Renzi. Trentacinque senatori, di cui 18 della maggioranza (16 del Pd, più Mario Mauro ed Enrico Buemi) hanno infatti depositato un sub-emendamento che ripropone il Senato elettivo. A rischio non è tanto il voto in Commissione quanto quello in Aula. Uno spauracchio da allontanare perché se la riforma preparata dal governo dovesse naufragare al Senato per Renzi saranno dolori.
Lo schieramento avversario è eterogeneo, comprende senatori del Pd, ex M5S, Sel e Popolari per l’Italia con qualche collega di Forza Italia che strizza l’occhio alla proposta preparata dai “sabotatori” delle larghe intese, come qualcuno nella maggioranza ha cominciato a chiamarli. Le proposte dei senatori, in dissenso con la riforma del governo, sono: riduzione del numero dei parlamentari per il Senato ma anche per la Camera, elezione diretta dei senatori su base regionale in concomitanza con le elezioni regionali, ripristino della Circoscrizione Estero, ampliamento delle competenze del Senato, fra l’altro, ai temi legati alle libertà personali, rapporti con la Chiesa e le altre confessioni religiose, libertà di pensiero, tutela della salute, correzione della giurisdizione domestica in tema di autorizzazione a procedere e verifica dei poteri, ammettendo cioè appello alla Corte Costituzionale. “In tempi di distacco dei cittadini cittadini dalla politica non è un’eresia dare loro la parola, ma è la cosa giusta”. E Mario Mauro ha messo in guardia “contro il rischio di un partito unico e di una deriva autoritaria”.
Chiti non ha esitato invece a criticare il testo ora all’esame della commissione: “non è affatto simile al Bundesrat tedesco, che io voterei, perché quello rappresenta i governi regionali e non è formato sulla base di elezioni di secondo grado e inoltre può vedersi, sì, respinte le modifiche apposte a un progetto del Bundestag (eletto con sistema proporzionale) ma solo con la stessa maggioranza con cui il Bundesrat era intervenuto”.
“Il tema fondamentale qui -ha detto Loredana De Petris– è che la sovranità spetta al popolo, anche se il dibattito su questo tema è stato propagandisticamente giocato sul terreno della riduzione dei costi della politica”. Per Francesco Campanella, poi, il governo ha deciso di intervenire sul Senato perché “non è funzionale all’idea di Sindaco d’Italia ed è una scelta di riduzione degli spazi democratici”.