Il Sud non fa più bambini, sempre meno i figli per donna
Che la crisi non potesse non avere influenza sulla demografia si sapeva, ora ne abbiamo la conferma, l’ISTAT ha aggiornato i dati al 2013 della demografia italiana, di come evolve la popolazione in termini di invecchiamento, nuzialità, nascite e speranza di vita. Ci concentriamo sulle nascite e in particolare i figli per donna.
Tradizionalmente l’Italia ha sempre visto le famiglie meridionali come più prolifiche, nel tradizionale ruolo che i popoli più poveri hanno avuto di avere un tasso di natalità più elevato. Le motivazioni sono sempre state molteplici, da socio-economiche, come l’esigenza del mondo contadino di aver emolte braccia per lavorare la terra, a quello culturali, che vedeva le donne occupate solo nel lavoro domestico e quindi nel ruolo di madre, pienamente dedicata solo a questo, a sanitarie, vista l’elevata mortalità infantile.
Ancora nel 1995 l’eredità di tale modello si rispecchiavano in un tasso di natalità più elevato al Sud, anche se su livelli ormai bassissimi, 1,45 figli per donna contro 1,05 del NordOvest e del NordEst.
Poi qualcosa è cambiato, lo vediamo nel seguente grafico:
Nel 2008 il numero di figli per donna ha un balzo, che lo porta a circa 1,5 al Nord, un aumento di quasi il 50%, cui non corrisponde una dinamica simile al Sud, dove anzi il tasso passa a 1,38 figli per donna.
Il Sud in realtà proseguiva quel naturale movimento tipico dello sviluppo occidentale, in cui il mutato ruolo della donna la porta a sposarsi più tardi, e avere meno figli, anche per provare ad avere una carriera.
Al Centro Nord invece è aumentata la natalità nei 13 anni successivi al 1995, con un calo poi al 2013 che però non ha riportato ai record negativi di 20 anni fa.
Ora la situazione è quella della seguente mappa, con picchi di natalità maggiori proprio al Nord tra Trentino e Lombardia, seguite dal Lazio.
Cosa è accaduto in queste regioni?
Gli anni ’90 e 2000 sono stati quelli dell’immigrazione di massa, che non è stata certamente distribuita omogeneamente, ma si è concentrata nel Centro-Nord, esattamente nelle regioni che nella mappa di cui sopra la quota di figli per donna è maggiore. Sono state le donne immigrate a partorire di più, con più di due figli per donna, innalzando la media della ropria regione tanto più quanto più alto era il loro peso numerico. Mentre le donne italiane proseguivano nel trend che abbiamo visto per il meridione, subentravano madri straniere che essendo sempre più, risollevavano le statistiche di natalità.
La differenza tra presenza di stranieri, soprattutto per quanto riguarda i genitori di neonati, nelle macro-regioni italiane, è evidente dalla seguente infografica:
I bambini appena nati con i due genitori entrambi italiani sono al Nord il 20% in meno che al Sud, circa 72% rispetto al 92%.
La novità delgi ultimi anni però è che, complice la crisi economica, o per meccanismi del resto simili a quelli di altri Paesi, le donne immigrate stanno adattandosi alle medie italiane, diminuendo il numero medio di figli partoriti.
E’ una situazione che ci riporta alla necessità di non poterci più affidare alla scorciatoia dell’immigrazione, per risolvere il problema del calo demografico, bloccato negli ultimi 15 anni solo provvisoriamente, ma che ora sta ricominciando inesorabilmente, come già in Paesi importanti come Germania e Giappone.