Riforma Senato, minoranza Pd chiede diminuzione seggi anche alla Camera
Ormai è scontro all’interno del Pd sul testo della riforma del Senato a firma Maria Elena Boschi. Proprio domani partirà la discussione in Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. Sarà la senatrice Anna Finocchiaro, presidente della Prima commissione, a dirigere nel pomeriggio i lavori. Intanto alla fronda dei 12 della minoranza democratica guidata dal senatore Vannino Chiti si sono uniti altri 27 compagni d’Aula, ormai ribattezzata ‘area riformista’, guidata da Miguel Gotor. Il rapporto tra i senatori dem dissidenti e il loro capogruppo Luigi Zanda è ormai compromesso e nei giorni a seguire potrebbe addirittura sfaldarsi.
“Togliere seggi anche alla Camera dei Deputati” – Il colpo di mano sull’organizzazione del nuovo Senato potrebbe avvenire già domani. I numeri in Commissione Affari costituzionali sono in equilibrio precario: 15 voti a favore della maggioranza, 14 quelli delle opposizioni. Tuttavia, l’emendamento 1.001 potrebbe sconvolgere il testo Boschi. Con questa integrazione, presentata dai 27 di area riformista, si chiede la modifica dell’articolo 56 della Costituzione, che fa riferimento al numero dei deputati. Gotor, membro della Commissione, vuole abbassare il numero degli eletti dagli attuali 630 a 500 (non sarebbero compresi nel novero gli 8 senatori della circoscrizione Estero). Tale modifica potrebbe trovare l’approvazione delle opposizioni (dall”alleata pro tempore’ Lega ai 5 Stelle), ma farebbe arenare il compromesso raggiunto con molta fatica dal ministro Boschi con Roberto Calderoli (LN) e Paolo Romani (FI). La questione si fa sempre più intricata, anche perché il presidente del Consiglio pensava di aver blindato il testo.
“Alzare il quorum per l’elezione del presidente della Repubblica” – Ciò che non convince l’area riformista dem della modifica del Senato è la sproporzione dei numeri dei componenti che verrebbe a crearsi tra le due Assemblee: “Il bilanciamento dei numeri tra Camera e Senato – scrive stamattina il Corsera – incide sul plenum in seduta comune del Parlamento che elegge gli organi di garanzia e in particolare il Capo dello Stato”. Per porre rimedio a questo problema, I gotoriani hanno presentato un secondo emendamento che farebbe scattare la maggioranza assoluta per l’elezione al Quirinale soltanto al settimo scrutino e non al quarto, come previsto oggi. Ovviamente la tattica dei dissidenti Pd al Senato è volta anche alla modifica dell’Italicum, in particolar modo al premio di maggioranza assegnato alla lista vincitrice del ballottaggio.
Dunque, il cammino delle riforme è in salita e c’è chi spera che la guida del semestre europeo possa distogliere Renzi dal suo primo intento: il cambiamento dell’architettura costituzionale. Le rassicurazioni di Mucchetti (Pd) al leader democrat di certo non tranquillizzano.