Senato, la fronda è bipartisan. Sull’Italicum critico anche il ministro Martina
Malgrado permanga una forte incertezza sulle possibilità di riprendere il dialogo con il M5S, bruscamente interrotto nel pomeriggio di ieri con l’annullamento della riunione prevista al Nazareno, il cammino per le riforme prosegue a ritmo serrato. Ma le grane, per Renzi, non si esauriscono con la questione-M5S. Da giorni, un numero sempre più consistente di senatori – appartenenti a tutti gli schieramenti – manifesta evidenti perplessità rispetto a una riforma costituzionale troppo delicata per poter essere affrontata nei repentini tempi che il Presidente del Consiglio desidera. E l’intento primario a cui i “dissidenti” stanno lavorando è proprio quello di evitare che la riforma venga catapultata in Aula già domani.
La composizione politica di questa fronda (che potrebbe allargarsi presto ad altri elementi) è, come detto, di natura assolutamente trasversale. Ci sono gli esponenti dell’ala sinistra del Pd, che già si è resa protagonista, nelle ultime settimane, di una serie di polemiche (aventi ad oggetto proprio le riforme) con Renzi, Boschi e l’ala maggioritaria del partito: tra questi Chiti, Tocci, Corsini, Casson e l’ex direttore di RaiNews Corradino Mineo, dissidente della prima ora. Ci sono una ventina (per ora) di senatori forzisti – tra cui spicca l’altro ex direttore di un tg del servizio pubblico, Augusto Minzolini – non riconducibili a nessuna corrente in particolare, anche perché il partito di Berlusconi appare ormai frazionato da una sola contrapposizione, quella tra i membri del “cerchio magico” e gli uomini legati a Raffaele Fitto, i quali non a caso compaiono nell’elenco dei frondisti, proprio nel momento in cui il Cavaliere, tra servizi sociali e processi pendenti, cerca di adoperarsi in tutti i modi per rinnovare la sua influenza tra i palazzi romani. Fanno parte di questa alleanza bipartisan anche esponenti di altri gruppi rappresentati a Palazzo Madama, dalla capogruppo Sel De Petris agli alfaniani Formigoni e Azzolini, passando per gli ex grillini come Francesco Campanella, che parla di una riforma che annulla l’equilibrio tra i poteri e di “esecutivo ipertrofico”.
I membri di questo fronte comune di opposizione si sono riuniti proprio oggi in una sala del Senato, dove – in una conferenza stampa congiunta alla quale ha preso parte, dopo anni di oblio, anche l’ex ministro verde Alfonso Pecoraro Scanio – è stato presentato un sondaggio, curato da Ipr Marketing, secondo il quale la maggioranza degli italiani non sarebbe poi così favorevole al progetto frutto dell’accordo Pd-Fi. Sotto accusa, in particolare, la non-elettività dei senatori, un punto che Renzi ha più volte fatto intendere di non voler mettere in discussione.
Come se non bastasse, alla schiera dei critici si è aggiunto ieri anche il ministro dell’agricoltura Maurizio Martina, bersaniano. In un’intervista rilasciata ieri all’Huffington Post, il responsabile del dicastero di Via XX Settembre dichiara, limitatamente alla riforma del Senato, di avere “la profonda convinzione che la strada tracciata sia quella giusta” mentre l’Italicum necessiterebbe di opportuni ritocchi. Gli ambiti sui quali intervenire, secondo Martina, sono due: la soglia di sbarramento e il rapporto elettori-eletti; a tal proposito apre alle preferenze (“proverei a lavorarci”) spingendosi anche oltre: “si potrebbe anche parlare seriamente di primarie per legge”).
Pur precisando in modo ricorrente che l’auspicio rimane sempre quello di un dialogo costruttivo e plurale, Martina apre così le porte a un’altra incognita. Le perplessità su questa riforma potenzialmente epocale non si limitano più alle rappresentanze parlamentari, ma iniziano a investire anche i membri dell’esecutivo stesso. Il tempo stringe, crescono i dubbi. Anzi, sembra proprio che tra i due vi sia un rapporto di inversa proporzionalità. E anche il presidente del Consiglio, che difficilmente sarebbe disposto ad ammetterlo, ne ha ormai acquisito la piena consapevolezza.
Napolitano: “Fare in fretta” – Nella serata di lunedì è arrivata anche una nota del Quirinale che chiede alle parti di fare in fretta ed evitare ulteriori spostamenti. “Senza entrare nel merito – ripeto – di opzioni ancora aperte, è parte della mia responsabilità auspicare una conclusione costruttiva, e ampiamente condivisa come è possibile, evitando ulteriori spostamenti in avanti dei tempi di un confronto che non può scivolare, come troppe volte è già accaduto, nell’inconcludenza su materie di riforma più che mai mature e vitali per lo sviluppo del nostro sistema istituzionale”