L’Afghanistan nel caos, gli Usa cercano la mediazione
La gravità della situazione è tutta nelle parole del segretario di Stato americano John Kerry: “La legittimità delle elezioni è in gioco. Il potenziale futuro della transizione politica è in gioco”. Kerry è arrivato poche ore fa in Afghanistan, dove le elezioni dello scorso giugno rischiano di far precipitare il paese nel caos.
I primi risultati del ballottaggio hanno detto che il vincitore è Ashraf Ghani con il 56,4 per cento dei voti. Lo sfidante Abdullah Abdullah si sarebbe fermato al 43,5. Ma Abdullah Abdullah ha rifiutato di accettare i risultati, si è dichiarato a sua volta vincitore e ha puntato l’indice contro l’avversario colpevole a suo dire di brogli elettorali: un’accusa che era già stata gettata sul tavolo delle elezioni afghane proprio da Abdullah e che aveva fatto slittare la diffusione dei primi dati.
Non solo. Abdullah ha annunciato di voler costituire un governo parallelo e si è rivolto ai suoi sostenitori dicendo loro di tenersi pronti a difendere i propri diritti: una sfida che potrebbe assumere anche il contorno di una divisione etnica, con Abdullah che può contare sul sostegno della comunità tagika (un quarto circa della popolazione) e Ghani che ha la sua base elettorale nell’etnia pashtun (la maggioranza degli afghani).
Kerry è arrivato ieri in Afghanistan: una visita organizzata in gran fretta, ha scritto la BBC, proprio per affrontare una situazione che rischia di destabilizzare l’area. Il primo risultato è che Ashraf Ghani si è detto pronto a una verifica su larga scala del conteggio. Ma non è solo un problema numerico. Ed è per questo che Kerry è a Kabul. Il segretario di Stato ha l’obiettivo di trovare una soluzione a quello che è un vero e proprio stallo politico, con due leader che si delegittimano a vicenda a colpi di dichiarazioni. Una situazione che potrebbe spaccare un paese dall’equilibrio ancora fragile, e in un momento particolarmente delicato. A fine anno il grosso delle truppe americane dovrebbe lasciare l’Afghanistan, ma gli Stati Uniti continuano a finanziare la nazione con miliardi di dollari di aiuti.
“Gli Stati Uniti non supportano nessun candidato in particolare” ha scritto il Dipartimento di Stato americano, “ma supportano un credibile, trasparente e inclusivo processo che consenta al popolo afghano di ottenere democrazia”. Se così non sarà, Washington è pronta a trarne le conseguenze. Kerry ha avvisato che ogni tentativo di risolvere la questione con violenze o mezzi extracostituzionali condurranno gli Usa a chiudere i rubinetti degli aiuti all’Afghanistan. E senza questo supporto, ha ricordato Al Jazeera, per il governo di Kabul potrebbe essere molto complicato governare il paese.
Per sciogliere tutti i nodi (compresi quelli del riconteggio) potrebbero volerci un paio di settimane, hanno i detto funzionari delle Nazioni Unite che contribuiranno a ricontrollare le schede elettorali.