Berlusconi, Renzi e Grillo. I tre leader a Roma per serrare le file in vista dell’ultimo giro
Berlusconi, Renzi e Grillo. I tre leader hanno fissato per oggi gli incontri con le rispettive truppe parlamentari. Tutti e tre hanno come unico obiettivo portare a casa le agognate riforme costituzionali che il Paese attende da anni. E tutti e tre devono serrare le fila in vista del traguardo. Beppe Grillo ha tentato di rientrare in gioco dopo mesi passati sulle barricate di un’opposizione dura e pura. “Apriamo” è stato l’ordine impartito ai suoi capeggiati dal fido Luigi Di Maio. E i suoi hanno aperto, forse anche troppo. In molti hanno infatti espresso il loro disappunto per il protagonismo del vicepresidente della Camera. Per questo Grillo è sceso a Roma. Calmare gli animi, rassicurare i dubbiosi. “Io non vengo a dettare la linea politica – ha detto Grillo ai giornalisti che lo attendevano fuori Palazzo Madama – Io vengo qui a trovare degli amici, a rassicurarli perché sono depressi. Nessuno li prende in considerazione, vengono bocciate tutti le loro proposte, in Aula e nelle Commissioni, solo perché arrivano da loro”.
Berlusconi ha invece mille problemi. I processi che lo coinvolgono (Ruby, caso escort a Bari) sono in cima ai suoi pensieri. Poi viene l’Italicum e la riforma del Senato. Infine le beghe di partito con Raffaele Fitto pronto a battagliare per conquistare un posto al sole. L’impianto del Patto del Nazareno però non si può e non si deve toccare. L’ex premier lo ha ribadito ai suoi riuniti nella sede di piazza San Lorenzo in Lucina: “Sono vent’anni che mi date la vostra fiducia e vi chiedo di darmela ancora una volta. Manteniamo fermo il patto anche se non sono le nostre riforme ideali, ma sono quelle possibili visto che siamo all’opposizione”.
Il premier è infatti in una posizione di forza. I numeri lo confermano. E Vannino Chiti, capofila dei frondisti dem al Senato, ha capito che tira aria di sconfitta. Meglio evitare ulteriori scivoloni. Per questo stamattina i dissidenti non hanno partecipato all’assemblea dei senatori del Pd che ha approvato con 86 sì e un astenuto il testo delle riforme licenziato dalla Commissione affari costituzionali. Il rischio di un’ennesima débacle avrebbe indebolito il fronte ribelle. Erica D’Adda, senatrice frondista, ha spiegato che a suo giudizio sarebbe stato più opportuno evitare un voto: “È stato detto che il testo cambierà in Aula; allora perchè votare su un testo della Commissione che verrà superato? Magari si può trovare un punto di convergenza. Così è un voto non sul merito ma sulla disciplina di partito”. Mister 42% fa spallucce e stasera alla riunione con i parlamentari Pd ribadirà il suo mantra: “O con me o ce ne faremo una ragione”.