Riforma, tagliola al Senato. L’ira di Sel, Lega e M5S
Sulla riforma del Senato il governo, alla fine, ha fatto la scelta più estrema: contingentamento dei tempi, tagliola alla discussione degli emendamenti e voto del ddl entro l’8 Agosto. Così la maggioranza ha messo la parola fine al tira e molla tra l’esecutivo e le opposizioni in aula, a Palazzo Madama, che avrebbe rischiato di allungare i tempi per l’approvazione del pacchetto di riforme rimandando il voto a dopo l’estate. Ira dei partiti di minoranza, con la “marcia sul Quirinale” capeggiata dai parlamentari cinquestelle. In serata, le tre delegazioni di Sel, M5s e Lega sono state ricevute dal Quirinale. “Il Colle fermi questo scempio o nulla sarà come prima”, hanno minacciato i grillini.
“I tempi contingentati, il diktat di chiudere entro l’8 agosto è l’espressione di un’assoluta arroganza e violenza alla nostra cultura democratica. Questa indecente ghigliottina riguarda la Costituzione. Siamo di fronte a una rappresentanza parlamentare figlia di un sistema elettorale incostituzionale che si trasforma in un’assemblea costituente improvvisata e ansiosa. Si criminalizzano le prerogative delle opposizioni”, tuona il leader di Sel Nichi Vendola. “Abbiamo rappresentato a Napolitano quale fosse l’ostacolo insormontabile contro cui si infrange il dialogo, ovvero quello che Calamandrei chiamava l’ostruzionismo della maggioranza incarnato dal ministro Boschi che parla di ricatto”, spiega Vendola in un’intervista a La Stampa. “A me non piace l’enfasi propagandistica del golpe. I grillini talvolta dimostrano non di voler vincere le battaglie ma semplicemente di volersele intestare”, precisa il leader di Sel secondo il quale “c’è invece lo spazio per guadagnare cambiamenti reali: la crisi sociale, il rischio del ri-precipitare nella recessione, il disperato ribellismo che aleggia in Italia fa di Matteo Renzi un gigante con i piedi d’argilla”.
Sul ruolo del Presidente Napolitano, invece, giudizio opposto da parte dei cinquestelle: “Ci stiamo aggrappando disperatamente a quelli che dovrebbero essere gli organi di garanzia delle regole democratiche, primo fra tutti il Presidente della Repubblica. Che però, invece di fare l’arbitro, è da tempo sceso in campo con una delle squadre e indossa pure la fascia di capitano“, denuncia il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, in un’intervista al Fatto Quotidiano. “Napolitano – continua Di Maio – sta ripetendo lo stesso schema del governo Letta quando entrò nel pantano che Napolitano stesso aveva creato. Renzi sta facendo lo stesso percorso. E come allora il Colle interviene. Non per garantire le regole del gioco ma per censurare espressioni democratiche non in linea con il suo governo”, ribadisce l’esponente pentastellato.
Dubbi anche dalla Lega. Roberto Calderoli, relatore della legge in Commissione Affari Costituzionali insieme alla dem Anna Finocchiaro, è scettico sull’approvazione nei tempi dettati dal governo: “Per dirla in inglese, hanno mandato tutto in vacca. Le riforme entro l’8 agosto non si approveranno. Quel giorno si prenderà atto che ci saranno ancora mille emendamenti da votare. E a quel punto si riunirà la capigruppo per continuare fino al 10, o tornare a vederci il 17. Non prevedere questo è da irresponsabili”. “A meno che non si cerchi l’incidente per andare al voto”, denuncia il leghista che avanza il sospetto che il vero obiettivo di Renzi siano le elezioni: “non è possibile affrontare con gli strumenti abituali la legge di Stabilità, allora ad ottobre nasconderà la necessità di una manovra, andrà al voto a febbraio per farla nella primavera del 2015″. “Un governo che sollecita il contingentamento nella capigruppo non è cosa che si vede abitualmente”, osserva Calderoli, secondo cui “il contingentamento si può usare dopo un lungo periodo che non si va avanti ed è lecito fare ostruzionismo per perseguire un obiettivo politico”.
Ma dal PD si difendono e rilanciano: “Mi pare legittimo che le opposizioni vogliano portare le loro ragioni all’attenzione del Capo dello Stato. Ma non la chiamino marcia per la democrazia, perchè quella è solida e non richiede certo atteggiamenti del genere”, spiega il capogruppo dem al Senato Luigi Zanda. “Abbiamo lavorato per quattro mesi in commissione e il testo è cambiato profondamente. Ora il dibattito è in Aula e lì si deve svolgere, votando e contando favorevoli e contrari alle varie proposte. Questa è la democrazia parlamentare“, continua Zanda in un’intervista all’Unità. “Tutte le questioni sollevate dalle opposizioni sono legittime, dall’elezione diretta dei senatori alle competenze di Stato e Regioni, dai referendum al taglio dei deputati. Su tutti questi temi discuteremo e voteremo in Aula”, assicura Zanda.
Carmela Adinolfi