Il Patto del Nazareno e la corsa al Quirinale Storia del nuovo veto su Romano Prodi Intanto c’è l’apertura a modifiche sull’Italicum
Sempre lui, Romano Prodi. Ovvero, l’unico uomo politico che è riuscito a battere Silvio Berlusconi alle elezioni politiche. E per ben due volte. Colui la cui candidatura al quirinale – appena 15 mesi fa – fece promettere ferro e fuoco a Forza Italia e al suo leader. Ed oggi, lanciata dal ‘Fatto Quotidiano’, spunta la storia di un nuovo veto, firmato nelle stanze del Nazareno nella famosa riunione tra Berlusconi e l’allora segretario del PD – ora anche premier – Matteo Renzi.
RIFORME E QUIRINALE – Non solo riforme, dunque. Oltre all’accordo sulle modifiche alla legge elettorale, al Senato e al Titolo V della Costituzione, il Patto del Nazareno conterrebbe anche clausole riguardanti la successione a Giorgio Napolitano, da scegliere in maniera condivisa. In sostanza, un veto – esplicito o sottinteso che sia – imposto da Berlusconi sul nome di Romano Prodi. Il cui nome, dunque, non dovrebbe comparire nelle trattative per la successione a “Re Giorgio”.
UNA VERA OSSESSIONE – D’altronde, l’ascesa di Romano Prodi al Quirinale rappresenterebbe un doppio smacco per il leader di Forza Italia, che da tempo insegue quella carica tanto ambita ma mai raggiunta. L’ennesima sconfitta del Cavaliere contro il Professore. In second’ordine, ma non certo meno importante, l’eventuale elezione di Prodi renderebbe vana – se non addirittura controproducente – la storica battaglia di Berlusconi per l’introduzione del presidenzialismo, in quanto si tradurrebbe in un vero e proprio assist al nemico di sempre.
ITALICUM, OK A MODIFICHE – Nel frattempo Berlusconi e Renzi potrebbero incontrarsi nuovamente il 5 agosto, per ritoccare i paletti del Nazareno a proposito della riforma di legge elettorale. Secondo le rivelazioni di Denis Verdini, si punta ad alzare la soglia per il premio di maggioranza dal 37,5% al 40%. Restano due nodi importanti: lo sbarramento per le liste non coalizzate – che Berlusconi vorrebbe tenere come minimo al 4% mentre Renzi sarebbe risposto a ridurre, per venire incontro ai piccoli partiti come NCD – e le preferenze, su cui Renzi sembra più morbido nonostante la netta opposizione del leader forzista.