L’estate con i figli
L’estate con i figli
Dopo dieci mesi di tempi dettati da lavoro, scuola ed altre attività finalmente genitori e figli hanno la possibilità di stare insieme. Le vacanze sono un’occasione unica per (ri)costruire il rapporto con i figli. Ecco le raccomandazioni per fare fruttare al meglio questo periodo
[ad]DIECI MESI PIENI DI SENSI DI COLPA.
Per i genitori e per i figli (il plurale sta anche per figlio/a) i giorni della villeggiatura sono un’enclave anomala, uno spazio/insieme irrintracciabile durante i mesi del lavoro e della scuola. Simboleggiano la convivenza in famiglia a tempo/pieno. Pur se brevemente, si consuma insieme una relazione educativa sempre più “strappata”: costretta al silenzio durante le stagioni autunnali, invernali e primaverili. Parliamo dei lunghi e stressanti mesi dell’anno contrassegnati dall’assenza-scomparsa dei figli dagli spazi intrafamigliari e dall’attesa delle ferie estive simbolo della loro presenza-ricomparsa.
I mesi stressanti del lavoro generano padri e madri pieni di sensi-di-colpa per lo scarso tempo che possono dedicare ai figli. Tanto da alimentare un clima domestico indulgente e permissivo che cancella il super/io dei pargoli e licenzia ogni regola domestica. Rinforziamo questa riflessione pedagogica. Durante l’anno i genitori soffrono una relazione interpersonale sempre più frettolosa, superficiale e pignolesca (fai questo, ricordati-di, attento-a, mi raccomando-di). Peraltro, anche i figli sono desaparecidos in famiglia, perché vivono la loro giornata nelle “gabbie” dell’istruzione e dell’informazione elettronica: tot ore di scuola, tot ore di compiti, tot ore di attività pomeridiane a pagamento, tot ore di televisione e di computer.
I figli dunque scompaiono nella vita di casa. Il che mette in crisi papà e mamma (il timore è di essere cattivi genitori) dando via libera all’insorgenza di modelli formativi permissivi e abbandonici. In un ambiente famigliare “assenteista” il padrone di casa diventa il silenzio. Questo, avvolge tutto se viene a mancare il dialogo, l’intimità e la convivialità. Il clima che si respira è la non-belligeranza verbale e la resa all’incomunicabilità: la fuga nella televisione e nell’elettronico (computer, play station, cd,dvd e altro).
NON FIDARSI DELLA VILLEGGIATURA
Ovvero, se Sparta (i mesi del lavoro e della scuola) piange, Atene (l’estate al mare) non ride. La nostra tesi è che i giorni agostani generano padri e madri insoddisfatti: non più permissivi, ma rancorosi e autoritari. Tanto da scaricare nuovi sensi-di-colpa sui figli: colpevoli di condizionare le scelte e i modi di trascorrere le loro ferie. Non potendo più disporre dei preziosi “parcheggi” di un tempo (ci riferiamo alle colonie marine e montane, nonché ai campi solari), si trovano a fare i conti con giornate da overdose da figli. Dei quali sanno sempre meno, fino a non riconoscerli più a causa della fugace e debole relazione vissuta con loro durante l’anno. Con l’estate, avviene pertanto un testa-coda. La villeggiatura mette in pista una dinamica famigliare del tutto “rovesciata” rispetto a quella standardizzata nei mesi della scuola. Lo shock è provocato dal contatto gomito-a-gomito con i figli che porta i genitori sull’orlo di una crisi di nervi, con conseguenti comportamenti dispotici: a volte anche repressivi.
Dunque, due modi di essere papà e mamma: per dieci mesi “liberali”, per due mesi “intolleranti”.
In queste righe, ci limitiamo a un paio di raccomandazioni pedagogiche per gestire al meglio l’Agosto con i figli. Consapevoli della non facile impresa di redigere un “ricettario” che aiuti ad essere bravi genitori sotto l’ombrellone.
In estate, papà e mamma non dovrebbero
(a) recitare un ruolo compensativo. Accade se si intestardiscono a voler recuperare (in pochi giorni) un’autorevolezza che durante l’anno scolastico è loro sfuggita di mano. Rischierebbero soltanto di risvegliare sopiti muscoli autoritari.
(b) indossare i panni delle vittime delle ferie. Sarebbe un errore intestardirsi a volere recuperare (in pochi giorni) una piena responsabilità educativa nei confronti dei figli. Significherebbe pagare il conto salato – di qui il vittimismo – della rinuncia alla libera scelta dei tempi e degli spazi della vita vacanziera dei coniugi.
(c) accendere la miccia del conflitto. Agli occhi dei figli, le baruffe tra i genitori si presentano per lo più ingigantite e traumatiche: tanto da compromettere la qualità delle dinamiche famigliari nei giorni dell’estate.
(d) farsi imprigionare nell’antipedagogia da ombrellone. Spesso lo stabilimento balneare narra – in forma di romanzo noir – storie di genitori “sbagliati”: petulanti, insicuri, invasivi, repressivi. Che gridano alla luna i loro cattivi pensieri educativi: l’esasperato controllo dei tempi della tintarella, dell’immersione in acqua, del pasto, del gelato nonché l’invadenza poliziesca sull’identità degli amici e sulla tipologia degli svaghi in compagnia.
SECONDA RACCOMANDAZIONE
[ad]In estate, papà e mamma dovrebbero usare l’ampio tempo di cui dispongono per
(a) conoscere i propri figli. Questi, sicuramente appariranno loro “diversi” (più veri) rispetto all’immagine interiorizzata durante l’anno scolastico. Aperte le tante gabbie delle giornate standardizzate, i figli potranno esprimere compiutamente la loro personalità. E’ su questa loro identità autentica che i genitori sono chiamati ad ascoltare e a dialogare. E a capirli.
(b) tenere in allenamento la mente dei propri ragazzi. Il lungo pit-stop della scuola può essere un’eccellente occasione per stimolarli a esprimere pensieri e giudizi relativi alle forme dello stare insieme, nonché agli eventi imprevisti e ai luoghi inediti che abitualmente popolano la vita della villeggiatura. E poi la lettura. Vanno invogliati a leggere di tutto, perché la mente-torna proprio di fronte alla pagina scritta. Non solo. Contribuisce a ridimensionare il forte attaccamento dei ragazzi, anche in estate, alla Tv e a Internet.
(c) per co-costruire insieme ai figli il “palinsesto” dei giorni di vacanza. Responsabilizzandoli nel redigere la tabella di marcia giornaliera: il dove andare e il cosa fare. Questo significa riconoscere loro una raggiunta maturità nelle scelte e un’ampia fiducia sulla gestione degli spazi quotidiani.
(d) per introdurre il principio della valutazione reciproca della vacanza/insieme: nel nome dell’ozio e nell’elogio del non-fare-nulla. Il gioco sta nel dare il “voto” alla qualità della convivenza tra genitori e dei figli. Se il confronto delle loro pagelle accende la miccia di fragorose risate (curiose, originali, intelligenti) consoliderà la qualità della relazione famigliare. Come dire. Giudicare con ilarità le dinamiche della villeggiatura è una medicina miracolosa per guarire incomprensioni e lacerazioni annidate negli anfratti uggiosi del tempo in città.