Le proteste di Stoccolma tra disoccupazione e mancata integrazione
Da cinque notti nelle periferie di Stoccolma si scontrano forze dell’ordine e ragazzi poco più che ventenni.
[ad]Intorno a loro, i vigili del fuoco intervengono per spegnere le decine di incendi che vengono appiccati. Un intero paese ora trattiene il fiato, interrogandosi su ciò che ha sbagliato e chiedendosi cosa stia per accadere.
La scintilla è partita da Husby, quartiere nord occidentale di Stoccolma, dove a metà maggio un uomo di 69 anni è stato ucciso dalla polizia.
La vittima era un immigrato arrivato in Svezia diversi anni fa. Secondo le forze dell’ordine l’uomo li stava minacciando con un machete. Per alcuni abitanti del quartiere, invece, gli agenti l’avrebbero ucciso senza tentare di disarmarlo. La dinamica di questa storia resta ancora da chiarire. Ma ormai riveste un’importanza marginale. Dal sobborgo di Husby, infatti, notte dopo notte i tumulti si sono diffusi finendo per coinvolgere altre zone periferiche della città.
Il Times lo ha scritto proprio oggi: “Quella che è cominciata come una risposta al comportamento della polizia si è trasformata in una dichiarazione esplicita di rabbia da parte di manifestanti per lo più immigrati, che protestano contro il razzismo strisciante nella società svedese e la mancanza di lavoro”.
Secondo alcuni manifestanti, durante gli scontri gli agenti li avrebbero chiamati “scimmie e negri”. Dicono di non sopportare più la brutalità delle forze dell’ordine, questi ragazzi, ma è più facile che la polizia per loro rappresenti uno stato che ai loro occhi li ha traditi. “Stavano aspettando un pretesto per sfogare la loro frustrazione contro la polizia” ha commentato un uomo che da cinque anni vive a Husby.
Conoscere la natura del quartiere è utile per comprendere quello che sta accadendo. L’agenzia Bloomberg ha scritto che delle 12mila persone che vivono nel sobborgo, oltre la metà non è nata in Svezia. Se si aggiungono anche i ragazzi nati nel paese scandinavo ma da genitori stranieri, la percentuale sale all’85 per cento. Il tasso di disoccupazione è il doppio della media nazionale. Una larga fetta di ragazzi tra i 16 e i 19 anni non studia e non lavora. Le forze dell’ordine raccontano che i manifestanti hanno in media vent’anni.
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