Sulla finale di Champions, parte III: i “progetti”
Dopo le prime due puntate dedicate agli aspetti “di campo” della finale, la terza parte è incentrata sull’aspetto più gestionale ed economico, quello che viene ormai diffusamente definito come “progetto”.
[ad]La natura dei due programmi parte da basi completamente differenti. Se quello bavarese è un piano volto a far spiccare il volo ad una squadra già nell’élite del calcio europeo, il progetto dei giallo-neri è stato invece un vero e proprio reset, con ripartenza dalle macerie. Tuttavia, entrambi risultano in qualche modo legati indissolubilmente a quello che è stato un radicale processo di rinnovamento attuato dalla Federazione calcistica tedesca nell’ultimo decennio.
Il Bayern Monaco uscito vincitore dalla Champions 2001 (dopo la clamorosa sconfitta nella finale ’99) era una squadra forte ma, a livello continentale, alla fine di un ciclo. In ciò rispecchiava la situazione dell’intero movimento calcistico tedesco, che toccò l’abisso con il fallimento agli Europei 2004, l’ennesimo in otto anni (escluso un estemporaneo secondo posto nel Mondiale 2002). Da lì il calcio tedesco ripartì, iniziando un lungo processo di ricambio, concentrando l’attenzione sui vivai e sul processo di formazione di nuovi talenti, con la creazione all’uopo di venti centri federali sparsi sul territorio nazionale.
I primi incoraggianti risultati si ebbero col Mondiale 2006 giocato in casa (buon terzo posto partendo da outsider). Il grande passo venne però effettuato subito dopo, con l’avvicendamento tra l’allora ct Jürgen Klinsmann ed il suo vice, l’attuale allenatore Joachim Löw.
Con il nuovo tecnico il processo di ricambio generazionale subì una notevole accelerazione, ed i risultati non tardarono ad arrivare, con una ritrovata e costante competitività, con un terzo posto ai Mondiali 2010 (che si aggiunge a quello di 4 anni prima) oltre ad una finale ed una semifinale europea (rispettivamente nel 2008 e 2012). E, nonostante l’assenza di trofei, la selezione tedesca risulta la più “futuribile”, con tanti fuoriclasse in erba ed una bassa età media.
Questo processo ha coinvolto, ovviamente, anche club come il Bayern. La rosa bavarese attuale, nonostante sia formata per metà da stranieri (13 su 27), presenta una folta truppa di nazionali tedeschi: Neuer, Badstuber, Lahm, Schweinsteiger, Gomez, Kroos e Müller, tasselli fondamentali sia nel club che nella nazionale stessa, con un’età media relativamente bassa (26 anni) nonostante un’esperienza consolidata nel giro della selezione di Löw. Quasi tutti, peraltro, sono di diretta estrazione del vivaio bavarese, da Lahm, Schweinsteiger e Müller (da sempre al Bayern) sino a Kroos (strappato a 16 anni alle giovanili del Rostock) e Badstuber (prelevato appena 13-enne dallo Stoccarda). Un tale scouting ha permesso di destinare maggiori risorse al calciomercato.
Il vero problema del Bayern però, perlomeno sino al 2006, era la scarsa competitività in termini di fatturato nei confronti degli altri grandi club d’Europa, che lo vedeva all’ottavo posto con poco più di 200 milioni. Da lì in poi è iniziata una lunga quanto inarrestabile risalita, che in 7 anni ha portato ad un aumento dei ricavi di oltre l’80%, giungendo alla cifra record di 373 milioni nel bilancio 2011-12, issandosi sino al quarto posto alle spalle di Real, Barcellona e Manchester United.
A tale risultato ha contribuito, ovviamente, la cassa di risonanza a lungo termine creata dal Mondiale 2006, con la progettazione di nuovi stadi tra cui il maestoso Allianz Arena (soprannominato “Schlauchboot”, cioè “gommone”, per la sua particolare ed inconfondibile forma) nuova casa del Bayern in sostituzione del vecchio Olympiastadion (del quale l’Allianz ha riprodotto in maniera pressoché fedele la capienza). Per capire l’impatto economico di tale impianto, basti pensare che quasi il 40% del fatturato deriva da ricavi da gare.
A tutto ciò va aggiunto un altro aspetto cruciale ed altrettanto encomiabile: la particolare “virtuosità” del club bavarese. Il 2012 è l’anno del ventesimo utile consecutivo (+11 milioni, al netto delle imposte), risultato impensabile per qualsiasi altro top club (e non solo) d’Europa. La solidità economica del club è testimoniata da un dato ulteriore: l’indebitamento (circa 170 milioni) è sensibilmente inferiore sia ai ricavi (i già citati 373 milioni) che al patrimonio netto (248 milioni), risultando così ampiamente sostenibile nonché “virtuoso”, facendo riferimento in maniera pressoché esclusiva agli investimenti per l’Allianz Arena.
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