Il caso del dissidente kazako Mukhtar Kabulovic Ablyazov

Pubblicato il 14 Luglio 2013 alle 11:47 Autore: Giuseppe Luongo

Una «figura miserabile»

Il dissidente kazako Mukhtar Kabulovic Ablyazov ha personalmente ringraziato il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, con una lettera pubblicata oggi sul quotidiano torinese La Stampa in cui ha definito «coraggiosa» la scelta del nostro governo. Ma questa scelta, in realtà, dovrebbe essere definita doverosa in quanto necessaria per rimediare al clamoroso errore commesso il 31 maggio scorso, quando Alma Shalabayeva e la figlia di 6 anni sono state costrette al rimpatrio forzato verso Astana, capitale del Kazakistan e sede del governo del Presidente della Repubblica Nursultan Nazarbayev.

[ad]Un simile atto è infatti vietato esplicitamente dall’articolo 10 della nostra Costituzione tramite il diritto all’asilo politico e divieto di estradizione per reati politici, casi in cui rientra senza ombra di dubbio la famiglia di Ablyazov, il quale abbandonò il Kazakistan nel 2003 dopo essere stato scarcerato a condizione che rinunciasse all’attività politica. Ablyazov fu arrestato nel luglio 2002 e pare che 10 mesi di detenzione per abuso di potere in qualità di ministro abbia subito anche torture e pestaggi, probabilmente a scopo intimidatorio e col fine eliminare per sempre il suo movimento politico, Scelta Democratica del Kazakistan, partito di opposizione fondato dall’imprenditore kazako assieme ad alcuni colleghi e politici delusi dall’autoritarismo di Nazarbayev.

Benché Ablyazov sia chiaramente un dissidente politico, bisogna ricorda che sulla sua testa pende anche un mandato di cattura per reati finanziari emesso dalla Russia, che gli ha contestato una serie di reati finanziari, tra cui una frode da 5 miliardi, che lo classificano come un ricercato internazionale, ragion per cui dal 2011 vive a Londra dopo aver ricevuto la concessione dell’asilo politico da parte del Regno Unito, che ha respinto la richiesta di estradizione di Nazarbayev, il quale ha annunciato la punizione di tale comportamento con la rescissione dei contratti commerciali tra società inglesi e kazake in favore delle imprese cinesi.

Il lettore si starà probabilmente chiedendo in che modo c’entri l’Italia con una questione che sembra svolgersi tutta al di fuori dei propri confini. Ebbene, mentre Ablyazov vive a Londra, la moglie Alma e la figlia Alua si sono trasferite in Italia nel 2012, ospitate a Roma dalla sorella Venera nella villetta di Casal Palocco, dove nella notte tra il 28 e il 29 maggio 2013, 50 individui, poi rivelatisi agenti in borghese della Digos e della Polizia, hanno fatto irruzione su segnalazione dell’ambasciata kazaka, che sospettava la presenza di Ablyazov nella casa. Gli agenti hanno condotto madre e figlia in un Centro di Identificazione ed Espulsione e, dopo aver ritenuto falsi i documenti esibiti dalla donna, un passaporto della Repubblica Centroafricana, sono state fatte salire su un aereo diretto in Kazakistan.

Non è la prima volta che l’Italia si macchia di una simile colpa, basti ricordare soltanto il caso Abu Omar del 2003, e, negli scorsi giorni, la stampa internazionale ha ricordato spesso il rapporto di amicizia sussistente tra l’ex premier Silvio Berlusconi e il presidente Nazarbayev, cosa che potrebbe aver influenzato il comportamento del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, cui l’attuale Presidente del Consiglio Letta ha immediatamente chiesto delucidazioni allo scoppio del caso senza ricevere una celere risposta. Il Ministro degli Affari Esteri, Emma Bonino, ha definito la vicenda come una «figura miserabile» per l’Italia, cosa più che vera sia per l’evidente violazione dei diritti umani sia perché lo stesso ministro ha dichiarato di essere rimasto all’oscuro di tutto sino alle segnalazioni di alcuni attivisti, il che la dice lunga sui modi con cui il governo si è occupato della questione.

In questo momento, i parlamentari del M5S e di SEL chiedono le dimissioni del vicepremier Alfano e, nonostante la revoca dell’espulsione dell’Italia, si può prevedere con ragionevole certezza che il Kazakistan non lascerà andare Alma ed Alua: non ora che ha guadagnato due ostaggi da usare contro il suo principale antagonista politico.

 

Giuseppe Luongo