Renzi: “Se divento segretario, rottamo le correnti”
Non lo dice espressamente Matteo Renzi, niente formule canoniche, ma dal suo discorso alla Festa democratica di Forlì appare ormai chiaro che il congresso del partito, se si farà, lo vedrà candidato segretario.
Si inizia in ritardo, per colpa di un incidente stradale che ha costretto Renzi a non rispettare l’orario, ma ad aspettarlo sono in tanti e quando sale sul palco si fanno sentire.
“L’anno scorso qui pioveva, stavolta il sole ci ha voluto bene”: inizia scherzando il sindaco di Firenze, ma diventa subito serio, sapendo che il discorso di oggi alla Festa di Borgo Sisa (e quello di stasera a Reggio Emilia) è molto atteso, soprattutto dai media.
“I giornalisti trepidano perché da tanto non parlo – nota – ma dovrebbe fare notizia quando i politici dicono cose interessanti, non quando stanno zitti“. Sarebbe solo la prima delle troppe anomalie che Renzi nota in Italia, anomalie che per lui devono finire quanto prima.
Dunque per l’inquilino di Palazzo Vecchio occorre lasciarsi alle spalle i giornali che sembrano “supplementi della Gazzetta del leguleio (“Ci dicono tutto su indulto, calcolo della pena, applicazione della Severino, si interrogano sulla sua costituzionalità gli stessi che l’avevano votata”), un “gorillaio” fatto di falchi, colombe, pitonesse che stanca anche gli addetti ai lavori (“Naturale stare zitti per non farsi puntare dei pezzi di Ghedini addosso”). “Soprattutto, basta con i referendum su cosa farà Berlusconi da grande, meritiamo di più”. La voce di Renzi si alza, gli applausi pure.
Sa bene il sindaco di Firenze che “Fare le feste del Pd quest’anno richiede un atto di coraggio e passione mica da ridere”; alle polemiche estive preferisce ricordare altre immagini d’impatto di quest’estate, dai bambini morti in Siria, al sangue delle piazze in Egitto, ai giovani entusiasti di Copacabana in attesa del Papa (“Ti aspetti che Francesco ti chieda l’amicizia su FB, se scopre Whatsapp è finita!”).
Per lui, però, l’immagine più forte è quella che rimanda al mezzo secolo di I have a dream di Martin Luther King, “un momento in cui sembrava che il sogno dell’uguaglianza potesse realizzarsi”. Lo ammette subito Renzi, il sogno non è ancora realtà, ma questo gli permette di gridare la sua convinzione: “La politica ha bisogno di un grande orizzonte che rimetta in moto la speranza: la politica torni a dire che possiamo avere sogni grandi, concreti, mettendoci in marcia“.
E la tabella di marcia lui, Renzi, la detta subito: “O tutti insieme ci diamo una smossa e proviamo a cambiare il Pd, l’Italia e l’Europa o non si va da nessuna parte. La frontiera passa dove siamo noi”.
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