Berlusconi spera (invano) nel voto segreto?
L’amo, tanto per dire, lo ha lanciato ieri Carlo Giovanardi, certamente uno poco avvezzo alla diplomazia (anche prima della sua militanza Pdl).
“Il voto segreto sarà chiesto in aula? Questo è evidente” ha dichiarato alle telecamere del Fatto Quotidiano, uscendo dalla Giunta delle elezioni del Senato.
L’ex Udc, transitato come Popolare liberale nel Pdl, aggiunge poi una considerazione paciosamente velenosa: “Prevedo che i grillini voteranno per Berlusconi e diranno un secondo dopo che sono stati gli altri a salvarlo: l’abbiamo già visto nel 1993 con il voto su Craxi, la Lega e il Msi votarono a suo favore e un minuto dopo erano davanti a Montecitorio a urlare contro la Prima Repubblica”.
Non si è fatta attendere, chiaramente, la risposta del senatore stellato Michele Giarrusso: “Credo che Giovanardi abbia detto una mascalzonata, non si deve permettere di sollevare dubbi sulla buona fede e sull’integrità dei parlamentari 5 Stelle, lui che è in un partito il cui capo è un pregiudicato, condannato per reati gravi e serissimi. Guardi in casa sua la lealtà alle istituzioni e la serietà”.
Al di là della scaramuccia tra i due, il dato che qui conta è un altro. Anzi, sono due. Il primo ricorda a tutti che, se pure ci si sta concentrando sul percorso del “caso Berlusconi” in Giunta, quella non è che la prima fase, per cui vale la pena di vedere meglio cosa potrebbe accadere in seguito.
Nell’ipotesi che la relazione Augello, alla fine degli interventi, sia bocciata, come si è detto nei giorni scorsi, il Presidente della Giunta dovrà nominare un nuovo relatore tra coloro che hanno votato contro il testo di Augello. Lì partirà il procedimento di contestazione dell’elezione, che prevede una seduta pubblica della Giunta (dopo non meno di dieci giorni dall’avviso della stessa) con possibilità per Berlusconi di difendersi, poi si procederà subito alla camera di consiglio per decidere. Il voto, come è chiaro, non può essere segreto, trattandosi di fatto di un giudizio.
Chiusa questa fase, però, la relazione sull’elezione contestata dev’essere presentata (a norma dell’art. 17, comma 4 del Regolamento per la verifica dei poteri) all’aula del Senato entro 20 giorni. La Giunta elabora una proposta, ma a decidere sul caso è il plenum dell’assemblea, a norma dell’art. 66 della Costituzione (“Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti”).
A questo punto, entra in gioco l’art. 135-ter del Regolamento del Senato (aggiunto nel 1992): in base ad esso, “l’Assemblea discute e delibera sulle proposte della Giunta […] riguardanti elezioni contestate”. Da quando si apre la discussione fino alla sua chiusura possono essere presentati ordini del giorno motivati che contengano proposte difformi rispetto a quanto deciso dalla Giunta. Questo certamente accadrà e, in quel caso, l’assemblea dovrà votare su ciascuna di queste, come su quanto proposto dalla Giunta.
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