Napolitano all’Anci: “Riforme ormai ineludibili” Colloquio privato di 40 minuti con Renzi
Si è aperta oggi a Firenze e durerà fino a venerdì a Firenze la 30° assemblea dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci), dal titolo Il Paese siamo noi. Diamo fiducia ai Comuni per ridare fiducia ai cittadini. Le nostre proposte e con la presenza prevista del Capo dello Stato, del governo e di vari ministri. Un appuntamento importante per l’Anci, al fine di “ricostruire ordinati rapporti di carattere finanziario tra Stato e Comuni, puntando sulle comunità locali e sui territori come motori per la ripresa economica, sociale e civile del Paese.
NAPOLITANO E RENZI
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è arrivato a Santa Maria Novella in treno, accolto dal prefetto e da un gruppo di persone che lo hanno applaudito, poi si è trasferito in prefettura per il pranzo. Lo stesso luogo ha ospitato l’incontro privato tra Napolitano e il sindaco di Firenze (nonché principale candidato alle primarie del Pd) Matteo Renzi: lui è arrivato in bicicletta a Palazzo Medici Riccardi ed è rimasto a colloquio con il capo dello Stato per quaranta minuti, per poi lasciare la prefettura sempre in sella alla bici.
Nessuna dichiarazione prima o dopo la visita, nessuna rivelazione del contenuto del dialogo da Renzi, se non per le formule di rito: “Ho dato il benvenuto al presidente Napolitano come è giusto e naturale che il sindaco della città faccia. Il rispetto istituzionale, oltre a quello personale, è la prima cosa che ci caratterizza in questa terra. Sono ben felice di aver dato il benvenuto al presidente Napolitano stamattina”. Che il gesto sia stato educato, è chiaro; che il benvenuto non sia durato quasi tre quarti d’ora, pure.
Trapela soltanto che l’incontro, nient’affatto scontato, è stato preparato dalle rispettive ‘diplomazie’ e si è svolto in modo cordiale; nessun accenno, a quando pare, ai provvedimenti di clemenza che Napolitano ha richiesto al Parlamento nel messaggio alle Camere per decongestionare le carceri, ma che vedono Renzi perplesso per un discorso di rispetto della legalità.
Per Renzi la presenza contemporanea a Firenze di Napolitano e Letta è “una felice e importante coincidenza” e, nel discorso, ha cercato di nobilitare il ruolo dei primi cittadini: “I sindaci cercano di dimostrare che la politica è bella e nobile, anche quando da Roma arrivano segnali diversi”. “‘E’ tutto sbagliato, è tutto da rifare’ si dice a Firenze citando quel grande campione che era Gino Bartali – ha continuato -. Ma il giorno stesso ci tiriamo su le maniche perché sappiamo che facendo così diamo una mano all’Italia, perché sappiamo che il Paese siamo noi”.
L’ASSEMBLEA
E’ stato il presidente del Consiglio Enrico Letta a inaugurare, con il simbolico taglio del nastro, la 30° assemblea nazionale dell’Anci, alla Fortezza da Basso. Iniziata con un minuto di silenzio alla memoria del consigliere comunale di Torino, Alberto Musy, l’assemblea è stata aperta dal presidente del consiglio nazionale dell’Anci, Gianni Alemanno, che ha sottolineato il valore del sacrificio di Musy, “simbolo dei tanti amministratori locali in prima fila nella lotta per la legalità“. Ad ascoltarlo, oltre a Napolitano e Letta, anche il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini.
E’ intervenuto il presidente dell’Anci, Piero Fassino, che ha sottolineato l’esigenza di una stagione nuova nel rapporto tra Comuni e Stato: una richiesta che Letta ha iniziato a cogliere, ma in modo ancora insufficiente. “Il disegno di legge di stabilità da poco presentato è un primo passo, dopo anni di manovre fatte solo di tagli e tasse per la prima volta c’è una strategia per la ripresa degli investimenti e la crescita”. Giudica positivamente l’allentamento del patto di stabilità interno per un miliardo, ma occorre anche superare l’applicazione del Patto per i comuni inferiori a 5mila abitanti ed escludere dal Patto le quote di cofinanziamento sui Fondi comunitari. E sul contenimento della spesa, Fassino non ha dubbi: “Ognuno di noi la spending review la fa tutte le mattine“.
Meno tenero il sindaco di Torino verso le amministrazioni centrali e la Corte dei conti: “Provvedimenti legislativi e normativi non solo hanno costantemente ridotto le risorse a disposizione dei Comuni, ma hanno preteso di incidere sull’ordinamento e sull’organizzazione delle nostre amministrazioni, con prescrizioni spesso umilianti, inutili quando non fonte di nuovi costi. La spending review è divenuta uno strumento praticato dalle amministrazioni centrali dello Stato in modo punitivo o persecutorio verso gli Enti Locali, mentre alla Corte dei Conti e agli organi di controllo si è concessa un’ invadenza del tutto inaccettabile”.
NAPOLITANO: “RIFORME INELUDIBILI”
Inizia con una considerazione concreta sul ruolo dei sindaci il discorso di Giorgio Napolitano all’assemblea Anci: “I Comuni costituiscono il fronte più vicino ed esposto alle sfide della quotidianità, alle manifestazioni di malessere sociale e civile, come alle emergenze naturali e ambientali”. Il riferimento è ai disagi naturali di questi giorni, ma anche a tragedie come quella di Lampedusa. “Di qui – ha aggiunto – l’affanno in cui vi trovate, le difficoltà dell’azione immediata che non può mancare da parte vostra e dello sforzo di progettazione cui non potete rinunciare. Sono vicino a voi sindaci, alla vostra fatica, al vostro affanno”.
Certo, non è facile recuperare fiducia nella politica anche per “un’onda diffusa e continua di vociferazioni, di faziosità, di invenzioni calunniose che inquinano il dibattito politico e mirano a destabilizzare l’equilibrio di governo” e a “gettare ombre sulle istituzioni più alte”. Ciò per Napolitano è inaccettabile, al pari dei ritardi nel migliorare lo stato: “Il rinnovamento istituzionale. dopo una lunga serie di omissioni e ritardi ancora fatica a prendere corpo, cozza contro ostacoli e resistenze. Il tema delle riforme istituzionali e costituzionali è ormai ineludibile. Non se ne può più discutere a vuoto. Non ci si può più girare attorno”.
Per il presidente “c’è l’occasione, oggi, in questo 2013-2014, di giungere a delle conclusioni valide, più o meno comprensive di molteplici necessità. Abbiamo un bisogno drammatico di liberarci da contraddizioni antiche e recenti, da radicate e paralizzanti pastoie che impediscono un più ampio dispiegarsi di energie e potenzialità che il nostro Paese pure possiede”, mentre contraddizioni e inefficienze bloccano crescita e competitività e favoriscono la crisi e la disoccupazione.
C’è spazio per un microsipario con Renzi, cui Napolitano si rivolge con il “tu” (“Fa niente che da ragazzo tifassi per Coppi”, dopo che il primo cittadino di Firenze aveva citato Bartali), ma poi si torna a cose serie: “Sono giunto alla convinzione che ormai per far vivere e condividere quel magistrale quadro di riferimento che è la prima parte della nostra Carta non si può ulteriormente mancare di rivederne la seconda parte, le norme, già nate con riconosciuti punti deboli, relative all’ordinamento della Repubblica”. Primo punto da attaccare, il bicameralismo paritario.
Altra priorità ineludibile è la legge elettorale che va rivista: su quel punto “stiamo giungendo ora ad un nuovo limite estremo: l’esame della questione cui la Corte Costituzionale è stata chiamata e che essa condurrà nell’udienza fissata per il 3 dicembre”. Nelle parole di Napolitano, quello è l’ultimo treno disponibile perché le Camere non perdano la faccia: “La dignità del Parlamento e delle stesse forze politiche si difende non lasciando il campo ad altra istituzione, di suprema autorità ma non preposta a dare essa stessa soluzioni legislative a questioni essenziali per il funzionamento dello Stato democratico”.
Un passaggio è dedicato anche ai temi del messaggio alle Camere, ossia il sovraffollamento delle carceri (“E’ stata da più parti alimentata una rappresentazione contraffatta, grossolanamente strumentale”). In quell’ambito “il Parlamento farà in assoluta libertà le sue scelte: da parte mia assicuro che non mi sottrarrò a nessun adempimento scomodo o facilmente aggredibile che sia, purché rientri nei limiti del mio mandato“. Lo ha detto Giorgio Napolitano sottolineando che “quei limiti costituzionali” ha sempre “scrupolosamente osservato”.
LETTA: “GOVERNO A TUTTO TONDO”
Tocca poi a Enrico Letta prendere la parola all’assemblea. Anche se si è detto convinto che “il presidente del Consiglio debba parlare con i fatti più che con le parole”. Ma parole, appunto, gli sono richieste in quel momento. “Il nostro – ha assicurato – è un governo politico, a tutto tondo. Sono passati sei mesi da quando ci siamo insediati, voglio qui confermare gli impegni presi con gli enti locali e ricordo che nelle ore concitate di formazione del governo decidemmo un punto fermo: il ministro delle Autonomie doveva esser il presidente dell’Anci“.
Sa che il suo governo nasce dalla fiducia del Parlamento e si è impegnato al cambio di direzione “che non vuol dire che si risolvono i problemi in un giorno”. Una prima soluzione, in particolare sul rapporto Stato-Comuni, sarebbe arrivata con la legge di stabilità: “Dopo dodici anni finisce il cappio del patto di stabilità come era stato pensato finora”. Poi è chiaro che il ddl sarà discusso in Parlamento: “La discussione, e la partecipazione anche dell’Anci, sarà importante per cercare di migliorarla”.
A prescindere dai miglioramenti, però, per Letta conta la direzione di marcia, cioè l’impostazione “di persone che si assumono la responsabilità, che non dicono sempre che è colpa di qualcun altro. Di persone che decidono quello che deve essere fatto e che lo fanno”. Fare, dunque, e non annunciare: “Il nostro paese non ha bisogno di annunci roboanti. Non ci vuole nulla a tornare nelle difficoltà in cui eravamo prima. In questi sei mesi abbiamo fatto tante cose e questo metodo alla fine pagherà“.
Il presidente del Consiglio interviene anche sul tema delle riforme caro a Napolitano: “Se l’Italia non funziona e non ha funzionato è anche perché le regole sono vecchie. Se è così, non dobbiamo avere paura del cambiamento istituzionale che renderà il nostro Paese in grado di funzionare meglio, di essere governato meglio. Bisogna essere in grado di sapere che dalla crisi si esce passo per passo, essendo fiduciosi e con prudenza“.
Se le riforme servono, Letta gioca la carta della collaborazione-condivisione: “Le riforme facciamole insieme e l’uscita dalla crisi porterà crescita e occupazione”. Al termine della giornata, anche il capo del governo ha incontrato per una decina di minuti Renzi, dopo il saluto a Napolitano che ha lasciato la Fortezza da Basso per primo.