Duecentomila europeisti in piazza Maidan ma l’Ucraina resta salda alla Russia
Duecentomila europeisti in piazza Maidan ma l’Ucraina resta salda alla Russia
La protesta a Kiev non si ferma, nonostante il freddo, nonostante la violenta repressione delle manifestazioni attuata dalle forze dell’ordine nei giorni scorsi. La scelta del Presidente Yanukovich di rafforzare la partnership economica con la Russia di Putin piuttosto che aderire all’UE – quest’ultima chiedeva, tra le altre cose, di concedere al leader dell’opposizione, Julia Tymoschenko, la possibilità di andare a Berlino per curarsi – ha scatenato un’escalation di rivendicazioni che, dal 21 Novembre in poi, sta crescendo di giorno in giorno. Anche stamane, piazza Maidan, è stata il teatro della protesta contro il governo di Yanukovich, in 200mila si sono riuniti per chiedere le dimissioni del governo. L’affluenza alla piazza centrale di Kiev è in continuo aumento: c’è chi si mette un caschetto per proteggersi da eventuali cariche della Polizia, in molti portano con sé la bandiera ucraina, moltissime le bandiere dell’UE e dei partiti di opposizione, oltre a una gigantografia, del volto, dell’ex premier Tymoschenko, vera e propria “eminenza grigia” delle proteste filo-occidentali.
La figlia di quest’ultima, Ievghenia, ha letto di fronte alla folla una lettera della madre nella quale, ancora una volta, invitava gli ucraini a ribellarsi. Da un altro partito dell’opposizione viene data la possibilità a Yanukovich di negoziare, ma solo “ se rimuoverà l’attuale governo, nominandone uno più aperto all’UE”. Un popolo alla ricerca della “libertà” quello ucraino, così sembra. Però, all’interno di questa nuova “rivoluzione colorata”, non mancano le contraddizioni e i punti interrogativi. Il 20 Novembre l’adesione all’UE sembrava cosa fatta, perché giusto un giorno dopo, appunto il 21 Novembre, Yanukovich e il premier Azarov hanno operato una così netta marcia indietro? Forse è stata una lettera del Fondo Monetario Internazionale, in cui si chiedeva all’Ucraina di aumentare del 40% le tariffe energetiche, congelare gli stipendi e tagliare la spesa pubblica a imporre il cambio di rotta di Yanukovich?
L’associazione all’UE prevede già diverse forme di liberalizzazione economica e di apertura dei mercati ai capitali e alle merci estere, inoltre l’Ucraina, con l’adesione avrebbe perso la fondamentale fetta di esportazioni dirette verso la Russia: in pratica Yanukovich, sottoscrivendo l’entrata nella Comunità Europea, avrebbe condannato il paese ex URSS al peggioramento delle condizioni sociali, oltre a scatenare l’instabilità politica. La Russia, da parte sua, minacciava di tagliare le forniture di gas e combustibili o comunque di aumentarne il prezzo, di chiudere il proprio mercato ai prodotti ucraini e di introdurre il “visto” per i cittadini ucraini che volessero entrare in Russia. Le rimesse degli ucraini all’estero rappresentano il 25% del PIL, il 9% degli emigrati lavora in Russia. La situazione ucraina sembra davvero senza uscita: da una parte mantenere lo status quo e accettare la condanna all’iperinflazione e alla progressiva perdita di competitività, dall’altra esporsi ai rischi della liberalizzazione economica, con il conseguente rischio di smantellamento del sistema industriale, aumento del costo della vita e disoccupazione di massa.