Reinfeldt, Navarsete e Katainen
Reinfeldt, Navarsete e Katainen
Tre politici a prendersi i titoli nell’ultima settimana in Scandinavia. Tre personaggi per tre nazioni. In vetrina ci va il premier svedese Fredrik Reinfeldt, impegnato nel tentativo di ribaltare un esito elettorale che pare già scritto. Finisce qui invece la corsa di Liv Signe Navarsete, leader del Partito di Centro norvegese, costretta alle dimissioni. In Finlandia il premier Jyrki Katainen è ancora in sella ma si sente braccato da un disfattismo che non gli piace per niente.
In un’intervista rilasciata la scorsa settimana al quotidiano Aftonbladet, il primo ministro svedese Reinfeldt ha spiegato come pensa di vincere le elezioni del prossimo settembre – sarebbe il terzo mandato consecutivo. Per centrare l’obiettivo, Reinfeldt proverà anzitutto a ribaltare la percezione che gli svedesi hanno della situazione attuale: “L’economia svedese si è rafforzata” ha dichiarato, “molte delle nostre riforme stanno sostenendo un corretto sviluppo del mercato del lavoro, l’occupazione è in crescita”.
Oltre all’economia e al lavoro, altro tema centrale è la scuola. E anche lì i risultati non sono quelli che il governo si aspettava nonostante i corposi investimenti: “Andiamo nella giusta direzione” ha detto però il primo ministro, “ci vorrà tempo”.
Sicuro di sé, pacato, diretto, Reinfeldt non si nasconde e va all’attacco. Del resto non ha nulla da perdere: il centrosinistra gioca a fare la lepre e scappa nei sondaggi, all’attuale maggioranza di centrodestra non resta che inseguire. Le opposizioni di sinistra sono infatti al 52,3 per cento contro il 36,1 messo insieme dall’attuale coalizione di governo: colpa soprattutto di una disoccupazione che non scende. A drenare voti ci pensa anche il partito dei Democratici Svedesi, la più a destra delle formazioni politiche del paese, accreditato di un 9,8 per cento che non avrà quasi certamente modo di far pesare visto che nessuno vuole intavolare un’alleanza.
Un quadro poco roseo, per Reinfeldt, il quale non ha altra scelta se non quella di spostare lo sguardo su un’altra cifra: 21,5 per cento, vale a dire gli indecisi. Una percentuale insolitamente alta, se si considera che a gennaio di quattro anni fa gli svedesi con le idee ancora poco chiare erano circa la metà.
In Norvegia si è votato invece lo scorso settembre. La coalizione di centrosinistra formata dai laburisti, dal Partito di Centro e dal Partito della Sinistra Socialista è stata sconfitta dopo aver passato otto anni al potere. A Oslo oggi governa un tandem formato dalla Destra e dal Partito del Progresso.
In questi giorni, alcuni degli effetti del voto di settembre hanno cominciato a manifestarsi. Liv Signe Navarsete, infatti, alla fine si è arresa. La leader del Partito di Centro lascia la guida dei suoi e apre a un congresso straordinario dove verrà scelto il suo successore.
Intorno a lei il cerchio ha cominciato a stringersi pochi giorni prima di Natale, quando si sono fatte sempre più insistenti le pressioni per una sua uscita di scena anticipata. Erano però almeno un paio d’anni che Navarsete si trovava ad essere oggetto di feroci critiche. La sconfitta elettorale è stata decisiva: 5,5 per cento, mai così male. Ha cercato di resistere, Navarsete, ci ha provato, lei che ufficialmente avrebbe potuto restate alla testa del partito ancora fino al 2015. Poi, sabato scorso, la resa, l’annuncio di dimissioni e il via libera a un congresso straordinario che dovrebbe tenersi in aprile.
Con Navarsete frana un intero gruppo dirigente. Il Partito di Centro trae le conseguenze di un flop elettorale ma anche di una gestione che nei recenti anni ha visto i vertici andare frequentemente in corto circuito: guerre interne, polemiche, personalità forti che sono entrate in collisione spesso e volentieri. Un esempio? Gli scontri tra Navarsete e Ola Borten Moe, ex ministro del Petrolio e dell’Energia, altra figura sotto scacco: ha annunciato di non voler correre per la leadership del partito ma ha pure specificato di non avere alcuna intenzione di uscire di scena.
Ola Borten Moe dice di voler contribuire alla ricostruzione del partito, ma se riuscirà a superare la tempesta resta da vedere. La pressione infatti ora è tutta su di lui: “è parte del problema, non della soluzione” ha dichiarato Anne-Nora Oma Dahle, membro del partito, racchiudendo in una frase il pensiero di molti.
Il nome più accreditato per succedere a Navarsete è quello di Trygve Slagsvold Vedum, nato ad Hamar, nel sud-est della Norvegia, nel 1978: l’unico che possa ricoprire l’incarico secondo Frank Aarebrot, noto commentatore di cose politiche nel paese scandinavo.
Queste sono settimane complicate anche per il governo della Finlandia, che ha chiuso un 2013 non entusiasmante e rischia di vivere un 2014 altrettanto difficile. Colpa della crisi, certo, ma forse c’è altro. Almeno così la pensa il primo ministro Katainen che nei giorni scorsi se l’è presa con il pessimismo. Già, il pessimismo.
L’esecutivo ‘multicolore’ che governa la Finlandia da due anni e mezzo si è riunito qualche giorno fa: all’ordine del giorno la ricerca di soluzioni per portare il paese fuori dalla stagnazione. Ma uno dei nemici da sconfiggere è tutto dentro la testa dei connazionali: il pessimismo, appunto. “L’atmosfera che c’è oggi nel nostro paese è troppo negativa e questo influisce sfavorevolmente sulla nostra attività di governo” ha dichiarato il premier.
Pessimismo, disfattismo, critiche esasperate: ogni nuova idea che viene portata nel dibattito pubblico viene colpita da ogni lato e sistematicamente distrutta, afferma Katainen. Suggerendo, neanche troppo indirettamente, che sarebbe ora di smetterla.