Commissione europea, in Italia corruzione pari a 60 miliardi
Commissione europea, in Italia corruzione pari a 60 miliardi
Dal rapporto 2014 della commissione europea anti-corruzione: l’Italia emerge, tanto per usare un eufemismo, con le “ossa rotte”. Anche se la legge anti-corruzione del 2012 rappresenta uno degli “sforzi notevoli profusi dall’Italia” nel contrasto del fenomeno (insieme al decreto legislativo sull’incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche pubbliche e di governo in seguito a condanna definitiva), allo stesso tempo, sempre nel rapporto sono segnalati vari vuoti normativi e atteggiamenti poco trasparenti.
Da Bruxelles suggeriscono di perfezionare la legge italiana anti-corruzione, innanzitutto, perché “frammenta” le disposizioni su corruzione e concussione, “rischiando di dare adito ad ambiguità nella pratica e limitare ulteriormente la discrezionalità dell’azione penale”, e poi perché sono ancora “insufficienti le nuove disposizioni sulla corruzione nel settore privato e sulla tutela del dipendente pubblico che denuncia illeciti”. Inoltre, come ebbe a evidenziare all’apertura dell’attuale anno giudiziario il Presidente della Corte di Cassazione Santacroce, si rileva che la prescrizione è un problema “particolarmente serio per la lotta alla corruzione in Italia”, abbinata alla notoria lunghezza dei processi italiani, “determina l’estinzione di un gran numero di procedimenti”.
Senza fare il nome dell’ex premier Silvio Berlusconi, nel rapporto, viene ricordato l’esempio del Processo Mills nel quale, proprio Berlusconi, venne prosciolto per scadenza dei termini di prescrizione: a tal proposito si suggerisce di dare priorità ai processi per corruzione a rischio per via della prescrizione. È chiara la preoccupazione di Bruxelles: il valore della corruzione in Italia è di 60 miliardi, il 4% del PIL ( la metà del valore di tutta la corruzione europea è stimata intorno ai 120 miliardi di euro), l’88% degli italiani pensa che elargire mazzette sia il modo migliore per ottenere alcuni servizi pubblici, nel 63% dei casi il vincitore degli appalti è stato deciso prima della “gara”, nel 23% dei casi l’appalto si concede a un amico o a un parente.
D’altronde, continua duro il commento della commissione, ogni volta che si è tentato di rendere le norme più efficaci venivano varate norme “ad personam” – vedi Lodo Alfano, Legge ex-Cirielli, depenalizzazione del falso in bilancio, legittimo impedimento – per favorire membri della classe politica accusati di corruzione.
“Negli ultimi anni sono state portate all’attenzione del pubblico numerose indagini per presunti casi di corruzione, finanziamento illecito ai partiti e rimborsi elettorali indebiti, che hanno visto coinvolte personalità politiche di spicco e titolari di cariche elettive a livello regionale” che hanno portato a dimissioni di leader, elezioni regionali anticipate ma anche allo scioglimento di alcuni consigli comunali per presunte infiltrazioni mafiose: caso “degno di nota” per gli autori del rapporto quello di Nicola Cosentino – anche in questo caso non ne viene specificato il nome – indagato per collusione con il Clan dei Casalesi.
Nel rapporto si precisa come, solo 2012, sono scattate indagini penali e ordinanze di custodia cautelare nei confronti di politici locali in circa metà delle 20 regioni italiane, 201 consigli comunali sono stati sciolti, di cui 28 – a partire dal 2010 – per infiltrazioni mafiose, 30 deputati della scorsa legislatura sono stati indagati per reati collegati a corruzione o a finanziamento illecito ai partiti.
Moralizzare la politica attraverso l’emissione di “codici etici” e rafforzare il quadro giuridico e normativo rispetto al finanziamento ai partiti (con particolare attenzione allo strumento delle donazioni), intimano dall’Europa, rafforzare il CIVIT, autorità nazionale anti-corruzione, mettendo in atto adeguati poteri di controllo e prevedendo l’applicazione di sanzioni dissuasive.
Guglielmo Sano