Un copione seguito alla lettera, neanche un colpo di scena. In Finlandia il primo turno delle elezioni presidenziali fila via come previsto: è Sauli Niinistö il mattatore e a questo punto può aspettare serenamente il 5 febbraio, data del secondo turno, quando gli elettori dovranno scegliere chi spedire alla Presidenza della Repubblica tra lui e Pekka Haavisto. Ma non ci dovrebbe essere storia: il vantaggio è troppo netto perché il candidato del Partito di Coalizione Nazionale possa uscirne sconfitto.
[ad]Niinistö porta a casa il 37% dei voti. A seguirlo appunto Haavisto, candidato della Lega Verde, con il 18,8% e Paavo Väyrynen, del Centro, col 17,5%. Gli altri sono lontani: Timo Soini (Veri Finlandesi) al 9,4%, Paavo Lipponen (Socialdemocratici) al 6,7%, Paavo Arhinmäki (Alleanza di Sinistra) al 5,5%, Eva Biaudet (Partito Popolare Svedese) al 2,7% e Sari Essayah (Cristiano Democratici) al 2,5%.
Sono pressappoco i numeri che i sondaggi delle ultime settimane avevano anticipato. Variazioni minime, nell’ordine di un paio di punti: in sostanza, nessuna sorpresa.
Nel corso dei mesi di campagna elettorale Niinistö ha perso molto del consenso. C’era stato un momento in cui il candidato del Partito di Coalizione Nazionale era accreditato addirittura della maggioranza assoluta. Ma questa discesa non deve stupire. In quella fase non tutti i candidati s’erano fatti avanti, gli indecisi pesavano ancora poco (sarebbero diventati il 17% a pochi giorni dal voto), e la campagna elettorale non era neanche lontanamente vicina ai suoi momenti più caldi. Inoltre, come hanno evidenziato gli analisti, una flessione è fisiologica: si tratta di un fenomeno naturale che precede il primo turno delle presidenziali. Identica storia c’era stata nel 2006, quando la laburista Halonen era scesa dal 50% circa al 46%. La stessa parabola di Niinistö, anche se con numeri più corposi.
Il ballottaggio del 5 febbraio metterà l’uno contro l’altro Niinistö e Haavisto. Anche questo era stato ampiamente annunciato. La maggior parte delle analisi pre-voto indicavano in Soini e Haavisto i due avversari più probabili e scomodi per Niinistö, anche se definirli ‘scomodi’ è eccessivo. Il veterano del Partito di Coalizione Nazionale il 5 febbraio dovrebbe essere in grado di superare agevolmente il proprio avversario, se non col 70% dei voti che alcuni pronosticano almeno con una maggioranza tangibile, che poi è quello che conta.
Vince Niinistö, vincela LegaVerdeche con Haavisto manda un proprio uomo al secondo turno, vince Timo Soini che triplica il proprio bagaglio di voti dopo aver già tentato nel 2006 l’assalto alla presidenza: allora prese il 3,4% dei voti. Chi esce sconfitto? I socialdemocratici di sicuro, che hanno perso la presidenza della Repubblica retta per due mandati da Tarja Halonen e hanno sostanzialmente guardato da spettatori l’intera corsa. Paavo Lipponen, veterano laburista, ex primo ministro, curriculum ricco e impeccabile, non ha mai davvero gareggiato per vincere. E non ha mai acceso i cuori dei socialdemocratici.
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[ad]Tanti elettori laburisti hanno sostenuto proprio Niinistö: e non è stata una sorpresa, visto che questa tendenza era stata registrata già da mesi. Secondo gli ultimi dati precedenti al primo turno, solo il 37% dei votanti socialdemocratici era intenzionato a sostenere Lipponen. Di Niinistö è piaciuto un po’ tutto: la sua figura e la sua linea politica. Popolare, avvolto in un’aura di indipendenza, competente, lontano dai riflettori quanto basta per non essere assimilato al proprio partito.
Sono evidentemente piaciute anche le sue posizioni. Tanti gli argomenti della campagna elettorale, solo uno quello davvero importante: l’economia, declinata nei suoi significati di euro ed Europa. Nessuno degli otto candidati aveva dichiarato la propria disponibilità a dare ulteriori garanzie economiche al Fondo salva-stati. Tutti d’accordo anche se va detto che il laburista Lipponen non aveva escluso in futuro un impegno finanziario più massiccio perla Finlandia. Respintoal mittente, comunque, l’invito di Mario Draghi, secondo il quale Finlandia e Germania (paesi a cui Standard & Poor ha confermato la tripla A) avrebbero potuto contribuire maggiormente al fondo di emergenza.
Identità pressoché assoluta sui soldi da spedire a Bruxelles, meno sul ruolo che Helsinki dovrebbe avere in Europa e sull’opportunità di mantenere la moneta unica. Critico Väyrynen, candidato del Centro, che si era spinto addirittura a proporre l’uscita dall’euro; sulla stessa posizione, da sempre, anche Timo Soini. Sommati, i due raccolgono più di un quarto dei voti: tanti, sintomo di un sentimento contrario a Bruxelles che si fa sentire. Ma a prevalere è stata la linea filo-europeista dell’accoppiata Niinistö-Haavisto. Pur avendo le sue idee sul ruolo che dovrebbe avere l’integrazione europea e sul fatto che il Fmi dovrebbe impegnarsi per la soluzione della crisi del debito, Niinistö nel corso della campagna elettorale ha difeso la moneta unica e il ruolo della Finlandia nell’Ue: del resto fu proprio Niinistö a traghettare il paese all’adesione all’euro quando era Ministro delle Finanze. Stesso atteggiamento da parte di Pekka Haavisto, altro europeista convinto.
Se era un test in questo senso, allora, i finlandesi vogliono dare un’altra chance all’euro. Anche se il malessere non è passato.