Istat, in Italia aumentano le famiglie indigenti e il PIL non cresce

Pubblicato il 11 Febbraio 2014 alle 17:51 Autore: Redazione

In passato, Pier Carlo Padoan ha potuto commentare più volte, nella sua lunga esperienza all’OCSE, in qualità di vicesegretario generale, le previsioni di (de)crescita dell’economia italiana e il tonfo del PIL nazionale. Quindi è molto probabile che non si stupisca più di tanto dei risultati del rapporto Noi Italia 2014, pubblicato questa mattina dall’Istat, l’istituto di statistica che presiede da poche settimane (la sua nomina è stata ufficializzata il 22 gennaio scorso).

Due le novità che preoccuperanno certamente Letta e la sua squadra pre-rimpastata: l’aumento della pressione fiscale, che è arrivata a toccare percentuali svedesi (44,1% contro il 44,7% di Stoccolma), e l’elevato tasso di disoccupazione giovanile, piaga che colpisce soprattutto il Mezzogiorno (al 35,3%, il livello più alto mai toccato dal 1977). Ma la preoccupazione non è mai abbastanza, perché le cifre del rapporto Istat 2014 fanno riferimento ai dati del 2012, per cui bisogna ancora attendere per intravedere margini di miglioramento – o di peggioramento, a seconda che si creda o meno alla “fine della crisi” annunciata dal premier e dal ministro Saccomanni – nelle tabelle economiche.

L’Istat fa sapere che, nel 2012, una famiglia italiana su quattro viveva in condizioni di “deprivazione”, ossia non poteva permettersi di sforare dal budget mensile disponibile (in media sei nuclei su dieci vivevano con meno di 2.500 euro al mese), mentre, sempre nello stesso periodo, 5 milioni di cittadini si trovavano in condizioni di “povertà assoluta” (il 6,8% delle famiglie del Belpaese).

Se l’economia reale non soddisfa a pieno nessun parametro, non ci si può aspettare molto dal PIL pro capite italico, che conferma, ancora una volta, la sua performance sottotono rispetto alla media Ue a 27 membri (due anni fa la Croazia non faceva parte dell’Unione): -2,8% in termini reali. Buone notizie invece per il debito pubblico al netto degli interessi, che ci vede primi in Eurozona assieme alla Germania, tuttavia in rapporto al prodotto interno lordo siamo secondi dopo la Grecia (a quota 127% nel 2012) nella speciale classifica stilata dall’Istat. Niente di cui vantarsi.




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